La videosorveglianza sul posto di lavoro è sempre una questione spinosa. Installare un sistema di riprese video, infatti, può portare ad acquisire immagini dei dipendenti, il cui diritto alla privacy non può certo essere calpestato. Per questo motivo, lo Statuto dei lavoratori prevede forti limitazioni (art. 4) alla possibilità di installare impianti di videosorveglianza che riprendano i lavoratori. Le telecamere, in particolare, possono essere installate solamente se c’è un accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o se c’è l’autorizzazione della sede locale dell’Ispettorato del lavoro.

La violazione di queste prescrizioni è punita come reato. Su questo punto, in particolare, si è espressa la Corte di cassazione, con la sentenza n. 3255/2021. Con questa decisione, i Giudici di legittimità si sono occupati del caso di un imprenditore che aveva installato videocamere senza osservare le procedure richieste dallo Statuto dei lavoratori.

Si potrebbe pensare, per quanto scritto sopra, che la Cassazione abbia punito penalmente il datore di lavoro, ma non è andata così. La Corte, infatti, ha rilevato che i rigidi limiti imposti dallo Statuto dei lavoratori valgono per gli impianti di videosorveglianza utilizzati per monitorare l’attività dei lavoratori. Il discorso cambia quando il datore di lavoro si muove a tutela della propria azienda. Si parla, in questo caso, di “controlli difensivi”, diretti ad accertare comportamenti illeciti e lesivi del patrimonio e dell’immagine aziendale.

L’esempio classico è ovviamente quello di un impianto di videosorveglianza puntato verso le casse o verso il magazzino. Se il datore di lavoro intende tutelarsi in caso di ammanchi (soprattutto nel caso in cui abbia già subito furti), sarebbe abbastanza illogico pensare che avverta i lavoratori della presenza di videocamere. Una acritica difesa della privacy dei dipendenti, del resto, porterebbe al paradossale risultato di tutelarli anche nei casi in cui commettano degli illeciti. Per contro, la giurisprudenza ritiene utilizzabili contro i dipendenti i filmati che li riprendono a compiere, ad esempio, un furto ai danni dell’azienda, anche se l’installazione della telecamera non era stata autorizzata.

Si tratta, come spesso accade in materia di privacy, di trovare un equilibrio tra esigenze dell’imprenditore e quelle dei lavoratori. Il punto di partenza resta ovviamente lo Statuto dei lavoratori, che si rivolge a tutte le ipotesi in cui la videosorveglianza serva a controllare i dipendenti, ma che esclude dai rigidi vincoli i controlli finalizzati alla difesa del patrimonio. Questi ultimi, comunque, non potranno essere indiscriminati, ma devono restare nel solco della proporzionalità, principio cardine in materia di trattamenti di dati. L’impianto installato per tutelare il patrimonio aziendale, quindi, dovrà restare funzionale a tale unico scopo. Un controllo sistematico sulla condotta dei dipendenti non potrà giustificarsi in chiave difensiva.

(avv. Andrea Martinis)