Diritto all’oblio e rimozione dei risultati di ricerca sul Web. Argomento sempre attuale, sul quale ritorna la Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 18430/2022. Nell’episodio in questione, un soggetto aveva pubblicato sul proprio sito Internet alcuni articoli che, successivamente, erano stati ritenuti diffamatori, al punto da suscitare una condanna penale. Nonostante questo, però, attraverso una ricerca online era ancora possibile risalire alle URL. Da qui il pregiudizio sofferto dalla persona a cui si riferivano quelle notizie. Persona che, ovviamente, si è rivolta all’Internet Service Provider, chiedendo la rimozione e allegando la sentenza di condanna per diffamazione.
In prima battuta, arriva una sentenza del Tribunale, che accoglie la domanda e condanna l’ISP al risarcimento del danno. Il fornitore di servizi, però, non è d’accordo e si rivolge alla Corte di cassazione, che tuttavia, pur rivedendo alcuni punti della sentenza di primo grado, ne conferma le conclusioni.
Il ruolo dell’Internet Service Provider
Quali sono gli argomenti in discussione? Il primo, indubbiamente, è quello rappresentato dall’individuazione del ruolo svolto dall’ISP, che, secondo la Cassazione, è quello dell’hosting provider. In applicazione della disciplina specifica (d.lgs. 70/2003), questo soggetto è responsabile nel caso in cui continui a pubblicare contenuti, pur essendo a conoscenza dell’illiceità dell’informazione. Circostanza che, a detta dei Giudici, si è verificata proprio nel caso di specie. La persona offesa, infatti, aveva chiesto la deindicizzazione, allegando la sentenza di condanna per diffamazione, che accertava il carattere illecito dei contenuti pubblicati.
La richiesta di rimozione
Altro punto di interesse è quello relativo alla formulazione della richiesta di rimozione. Essa deve sicuramente contenere l’indicazione delle URL o quantomeno fornire il criterio per la loro individuazione. Ciò detto, la Cassazione ha affermato la responsabilità dell’ISP anche con riguardo alle URL, pur riferibili a terzi, per i quali comunque l’ISP fornisce un servizio di identificazione. Allo stesso tempo, anche le URL riferite alla notizia della sentenza di condanna per diffamazione sono rilevanti, in quanto idonee a rievocare la vicenda.
Il risarcimento del danno
Ultimo aspetto è quello relativo alla condanna al risarcimento del danno. Trattandosi di un pregiudizio di natura non patrimoniale, diventa necessario ricorrere ad una valutazione di tipo equitativo. L’attenzione del Giudice, quindi, si rivolge al caso specifico, per pesare attentamente tutti i suoi elementi e valorizzare così le circostanze. In questa circostanza, si è trattato di un risarcimento per ben 25.000 euro.
Avv. Andrea MARTINIS
diritto civile (responsabilità civile, assicurazioni, recupero crediti), privacy, diritto penale