L’accertamento di violazioni al Codice della Strada passa spesso attraverso il ricorso a strumenti tecnologici che vengono forniti da ditte private. Si pensi, ad esempio, alle colonnine arancioni che popolano molte strade statali, nei tratti di pertinenza comunale, dove vige il limite di velocità di 50 km/h. In questi casi, il privato conclude solitamente un contratto con l’amministrazione locale, pattuendo un compenso in percentuale rispetto alle violazioni accertate. In pratica, una quota delle multe finisce in tasca alla ditta che fornisce gli strumenti al Comune.
I dubbi e le risposte
In casi come questi, ci sono molte domande che ronzano nella testa dell’automobilista che ha preso una multa. Nel corso degli anni, sono arrivate altrettante risposte dalla giurisprudenza e una recente sentenza della Corte di cassazione (38276/2021) consente di fare il punto in materia.
La prima obiezione è quella relativa alla forma di remunerazione prevista per il fornitore dei dispositivi di rilevamento. Il dubbio che ci si può porre, infatti, è se, pagando quest’ultimo in proporzione agli incassi delle multe, non si creino dei presupposti atti ad influire negativamente sull’accertamento. In altre parole: il privato che viene pagato in proporzione alle multe elevate, avrà sicuramente interesse che queste multe siano il maggior numero possibile. Questo presupposto incide sull’affidabilità del rilevamento? Secondo la Cassazione, no, in quanto un conto è l’accordo tra privato ed Ente pubblico, un altro è l’accertamento, che compete sempre e comunque all’autorità.
La centralità dell’accertamento
È l’accertamento, quindi, l’elemento su cui concentrare l’attenzione. Questo in quanto le norme (Codice della strada, Regolamento di attuazione e norme successive) prevedono espressamente che tale attività resti in carico alla forza pubblica. La ditta può procedere quindi all’installazione e alla predisposizione delle apparecchiature, ma dev’essere il soggetto pubblico a “leggere” i rilevamenti sotto la lente delle norme del Codice della strada.
Cosa significa in concreto? Che non è possibile che il Comune si accordi nel senso di lasciare operare il privato, limitandosi a prevedere una generica “supervisione” della Polizia Municipale. L’attività concretamente compiuta dai pubblici ufficiali, infatti, deve essere individuabile e riconoscibile. Al privato, pertanto, non può demandarsi l’intera attività di rilevamento, ma è fondamentale che il compito di lettura dei dati e accertamento della violazione resti saldamente in mano all’autorità pubblica. Dove non sia possibile verificare che l’iter seguito sia questo, la multa andrà annullata.
Avv. Andrea MARTINIS
diritto civile (responsabilità civile, assicurazioni, recupero crediti), privacy, diritto penale