Davanti ad un’automobile (o un ciclomotore) danneggiata in seguito ad un incidente stradale, spesso per il proprietario si pone un dubbio: scegliere la riparazione o la sostituzione? Non è infrequente, infatti, sentirsi dire in officina che la riparazione del mezzo sarebbe antieconomica. Quello che si intende, in questi casi, è che il costo dei materiali e della manodopera rischia di superare il valore che il mezzo aveva prima del sinistro. È una situazione molto comune quando il veicolo incidentato non è nuovissimo e, quindi, il suo prezzo di mercato sul listino dell’usato è piuttosto basso.
Il dubbio che si pone al proprietario coinvolge anche un altro soggetto, ovvero quello tenuto a risarcire il danno, solitamente la compagnia di assicurazione. Davanti ad un preventivo di riparazione dall’importo elevato, infatti, potrebbe succedere che chi deve aprire i cordoni della borsa non sia così ben disposto a farlo. Le cifre in ballo potrebbero cioè far orientare il debitore nel senso di compensare il danneggiato liquidandogli il valore ante sinistro.
L’approccio giurisprudenziale
Per risolvere questo nodo, è necessario analizzare la situazione da un punto di vista giuridico, come ha fatto recentemente la Corte di cassazione (ordinanza n. 10686 del 2023). Si parte dal presupposto, pacifico, che il danneggiato ha diritto di essere risarcito. Si potrebbe quindi essere portati a pensare che, davanti ad un mezzo usato e costoso da riparare, il danno subito sia adeguatamente ristorato dietro la corresponsione del valore residuo che aveva quel mezzo. Questa soluzione, però, non terrebbe conto delle spese per rottamare il veicolo danneggiato, per cercarne uno in sostituzione, per immatricolare il nuovo acquisto. Senza contare che la ricerca di un mezzo sostitutivo potrebbe – essa stessa – rappresentare un pregiudizio. Dall’altro lato, però, si vorrà evitare che il danneggiato, ottenendo le somme necessarie alla riparazione, ne esca di fatto arricchito, posto che tali somme potrebbero essere superiori al valore residuo del mezzo ante sinistro.
L’art. 2058 c.c.
La soluzione, dice la Cassazione, passa per l’art. 2058 del codice civile. Questa norma prevede che, di regola, il danneggiato può chiedere la reintegrazione in forma specifica, ovvero, nel nostro caso, la riparazione del mezzo. Tuttavia, prosegue l’art. 2058 c.c., il giudice può disporre il risarcimento per equivalente se la reintegrazione risulti eccessivamente onerosa per il debitore. Ecco, quindi, l’eccezione alla regola. La riparazione del mezzo non deve essere “eccessivamente onerosa”: in tal caso, al danneggiato spetterà la somma corrispondente al valore residuo del mezzo e alle spese di sostituzione.
Questo criterio va a contemplare sia le esigenze del danneggiato che quelle del danneggiante. Per scegliere tra riparazione e risarcimento, andranno considerati i punti di vista di entrambi. Da un lato, il danneggiato può avere serie ed apprezzabili ragioni per preferire la riparazione alla sostituzione del veicolo danneggiato. Dall’altro, il debitore ha interesse che al danneggiato venga riconosciuto più di quanto necessario per elidere il pregiudizio subito.
Avv. Andrea MARTINIS
diritto civile (responsabilità civile, assicurazioni, recupero crediti), privacy, diritto penale