Il Codice della strada, come noto, consente la rilevazione della velocità (e, quindi, le eventuali multe) a mezzo di strumenti di misurazione “a distanza” (ovvero senza la presenza degli operatori), quando tale attività sia svolta su specifiche tipologie di strade. In particolare, al di fuori delle autostrade e strade extraurbane principali, il Prefetto può individuare strade extraurbane secondarie e strade urbane di scorrimento, lungo le quali posizionare gli autovelox fissi.

Tali strade presentano caratteristiche peculiari (sono definite all’art. 2 Cds) e in particolare rileva la presenza della “banchina”. Ebbene, un automobilista, che si è visto recapitare una multa per eccesso di velocità, l’ha impugnata proprio sostenendo che il tratto di strada in cui era collocato l’autovelox non disponeva di una banchina e, pertanto, la multa andava annullata. La vicenda è approdata fino alla Corte di cassazione (ordinanza n. 25688 del 2020), che si è andata a occupare della definizione di “banchina”.

Secondo la Corte, la banchina è una porzione di strada compresa tra il margine destro della carreggiata e il marciapiede, spartitraffico, argine/lo, ciglio; in sostanza, è quella parte di strada che si trova tra la linea continua e la fine stessa della strada. Ebbene, per tale tratto non è prevista alcuna misura minima: è sufficiente infatti, che si tratti di uno spazio sufficiente per consentire il transito dei pedoni oppure una sosta di emergenza. Orbene, la Cassazione ha rilevato che i Giudici dei precedenti gradi di giudizio si erano premurati di verificare che il tratto di strada in questione disponesse effettivamente di tale spazio, destinato a simili operazioni; benché, infatti, non vi fosse una banchina dalle dimensioni costanti e continue, era indubbio che essa fosse presente. Questo è bastato, quindi, per confermare la validità della multa.

(avv. Andrea Martinis)