Andando a spasso su una bicicletta elettrica, un ciclista provoca un incidente. Gli viene misurato il tasso alcolemico, che risulta ampiamente oltre il limite di legge. Dunque, il ciclista è ubriaco alla guida e gli viene revocata la patente.

Infatti, si tratta di una bicicletta con pedalata assistita, pertanto “necessitante di patente di guida AM ai sensi del regolamento Europeo n. 168/2013”. O, almeno, così sembra.

La questione non è così semplice. Infatti, bisogna distinguere i vari modelli di biciclette elettriche in base alla potenza. Alcuni sono “cicli a propulsione” e altri sono semplici “cicli a pedali”.

I cicli a propulsione hanno una “propulsione ausiliaria e potenza nominale” massima minore o pari a 1.000 W e sono considerati veicoli a motore leggeri a due ruote. Necessitano di certificato di circolazione, targa, polizza assicurativa RCA e patente AM.

I cicli a pedali a pedalata assistita hanno invece un motore ausiliario elettrico con potenza nominale pari o inferiore a 250 W e sono considerati come velocipedi o biciclette.

La differenza fra i due veicoli sta anche nel fatto che nei “cicli a propulsione” il mezzo è in grado di avanzare senza l’aiuto del ciclista, mentre nei cicli a pedali a pedalata assistita il mezzo si muove soltanto se il ciclista spinge sui pedali, sebbene aiutato da un motore elettrico.

Ciò detto, il ciclista ubriaco impugna la revoca della patente dichiarando che era alla guida di un velocipede a pedali a pedalata assistita, cioè di potenza inferiore a 250 W.

Inoltre, aggiunge, la patente non poteva essergli revocata poiché ne era sprovvisto: infatti, gliela avevano già revocata. Non una tesi difensiva a prova di bomba.

La Corte di Cassazione, chiamata a valutare la vicenda, osserva che non è stata analizzata la tipologia del veicolo e che la potenza del mezzo è invece rilevante. Pertanto, restituisce la causa al Tribunale affinché approfondisca questo aspetto. (sentenza n. 22228/19).