Mentre il percorso di mutamento di sesso è ancora in corso, Mario (il nome è di fantasia) chiede la rettifica di attribuzione del sesso all’anagrafe ed il cambio di nome. I primi giudici ad occuparsi della vicenda rigettano la richiesta, poiché una perizia esclude che il “percorso di transizione da genere maschile a femminile” sia stato compiuto. La decisione viene impugnata e la Corte d’appello è di più ampie vedute e ordina agli ufficiali dello stato civile il cambiamento del genere sessuale sui dati anagrafici. I giudici hanno infatti “ritenuto sussistenti i presupposti per dar luogo alla rettificazione (del genere sessuale)” poiché, a tal fine, non è un “presupposto imprescindibile il trattamento chirurgico di modificazione dei caratteri sessuali anatomici primari” essendo invece sufficiente che “i caratteri sessuali ed identitari attuali … non corrispondono più al sesso attribuito nell’atto di nascita”.

Quale nome dopo il cambio di sesso?

Attribuito il sesso femminile, deve procedersi anche all’attribuzione di un nuovo nome, corrispondente al nuovo genere. Ed è proprio sulla scelta del nome che la causa finisce in Cassazione. Infatti, nel cambio di genere sessuale, i giudici hanno ritenuto che ci sia un automatismo nel conseguente cambio di nome. Ti chiamavi Mario e cambi sesso? Allora, il tuo nome va femminilizzato e ti chiamerai Maria. D’ufficio, senza possibilità di scelta.

Non la pensa così la Corte di Cassazione, per la quale non c’è un obbligo di trasposizione meccanica del nome originario nell’altro genere. Oltretutto, ci sono prenomi maschili non traducibili al femminile e viceversa, ovvero prenomi che, a seconda del contesto linguistico, possono risultare come maschili o femminili, con conseguente incertezza. Pensa al nome Andrea, che cambia genere in base alla nazionalità. Insomma, “non emergono obiezioni al fatto che sia la stessa parte interessata, soggetto chiaramente adulto, se lo voglia, ad indicare il nuovo nome prescelto”.

Il diritto alla scelta del nome

Dunque, in forza del nostro diritto alla identità sessuale, se cambiamo genere e viene rettificato il nostro sesso, abbiamo diritto a cambiare nome e a sceglierlo liberamente, purché conforme al nostro nuovo genere sessuale. Mario non deve diventare necessariamente Maria. Detto in termini giuridici, “Il riconoscimento del primario diritto alla identità sessuale, sotteso alla disposta rettificazione dell’attribuzione di sesso, rende conseguenziale la rettificazione del prenome”. Non c’è una generale conversione nel genere scaturente dalla rettificazione, dovendo il giudice tener conto del nuovo prenome, indicato dalla persona, pur se del tutto diverso dal prenome precedente, ove tale indicazione sia legittima e conforme al nuovo stato.” (Corte di Cassazione, ordinanza n. 3877/20)