Cane, aggressione a terzi e responsabilità: una recente sentenza della Corte di cassazione penale (37183/2022) aiuta a far chiarezza. Nel caso in cui un cane, infatti, aggredisca una persona, ci si pone la questione della responsabilità per i danni. A venire in rilievo, prima ancora che la responsabilità civile, è quella penale. L’art. 590 del codice penale, in particolare, sanziona le lesioni colpose, norma che si applica anche a chi avrebbe dovuto tenere a bada il cane aggressivo. Ma chi è responsabile? E che limiti può avere questa responsabilità? La sentenza ha il pregio di rispondere alle principali obiezioni mosse da chi deve difendersi da una simile accusa.
“Non sono il proprietario / non eravamo in città”
“Ma io non sono il proprietario, sono semplicemente la persona individuata all’anagrafe veterinaria”. Per rispondere delle lesioni provocate da un cane, non serve esserne i proprietari a tutti gli effetti. Non è necessaria, quindi, la prova della proprietà, ma è sufficiente risultare detentori dell’animale. Quello che conta è avere la semplice disponibilità materiale sull’animale. Né ci si può giustificare dicendo che, al momento dei fatti, non c’era la possibilità fisica di intervenire, in quanto ci si trovava a distanza dall’animale. Questa indicazione, semmai, evidenzia proprio una forma di responsabilità del custode, che ha tenuto il cane ad una distanza eccessiva, che gli ha impedito di intervenire.
“Ma la zona in cui si è verificato il fatto non è abitualmente frequentata da persone”. Anche questa non è una giustificazione valida. Anche se ci si trova a passeggio con il cane in una zona di campagna, infatti, quando si incrociano altre persone, vanno adottate delle cautele. È la presenza degli altri, quindi, che deve indurre il detentore del cane alla prudenza.
“Il cane è stato provocato / in genere è buono con tutti”
“Ma il cane è stato provocato”. Ai fini della responsabilità penale, il comportamento della persona che viene morsa dal cane non rileva. O meglio, si può avere una situazione di colpa concorrente, che comunque non elide la responsabilità penale del detentore. Un eventuale atteggiamento provocatorio nei confronti dell’animale potrà avere rilievo in sede di risarcimento del danno, riducendo o abbattendo le pretese della persona che ha subito le lesioni.
“Ma il cane è solitamente buono”. Obiezione, questa, che forse è la più gettonata tra i padroni chiamati a rispondere in sede penale per il morso di un cane. Il detentore, infatti, deve prospettarsi la possibilità di un’aggressione improvvisa e adottare le cautele del caso. Tenere un cane libero e senza museruola, semplicemente perché “non ha mai fatto male a nessuno”, non è un atteggiamento che denota prudenza. Il detentore che confida eccessivamente nel “buon carattere” del cane, quindi, rischia di dover rispondere di aggressioni apparentemente imprevedibili.
Avv. Andrea MARTINIS
diritto civile (responsabilità civile, assicurazioni, recupero crediti), privacy, diritto penale