La Corte di cassazione (sentenza n. 16977/2020) va a fare il punto sulla competenza territoriale relativa al reato di stalking; posto che la competenza, per principio generale, è delimitata dal luogo in cui è commesso il reato, individuare tale luogo può non essere agevole nel caso in cui, come nello stalking – e più particolarmente nello cyberstalking – le condotte del (presunto) responsabile siano commesse in un posto diverso da quello in cui si trova la vittima. Quando, cioè, emergono minacce o molestie perpetrate attraverso una chat, o con l’invio di materiale a mezzo Internet, o anche con telefonate… in queste ipotesi, dove si trova il Tribunale competente a decidere?

Secondo la Cassazione, per individuare tale reato è necessario aver anzitutto presente che lo stalking si ha per compiuto nel momento in cui, per effetto di una serie di minacce o molestie, la vittima viene indotta in un grave stato di ansia ovvero teme per la propria/altrui incolumità ovvero ancora arriva a modificare le proprie abitudini di vita. Lo stalking si caratterizza in funzione dell’evento che produce l’azione del molestatore, sì che non si riduce a singole molestie o minacce, ma si perfeziona con un risultato preciso, ovvero il turbamento psicologico della vittima.

Ecco allora che il luogo da dove le singole condotte sono realizzate non rileva, ma viene in considerazione il luogo in cui il disagio accumulato dalla vittima degenera in uno stato di prostrazione psicologica, in grado di manifestarsi in una delle forme descritte dalla norma penale.

(avv. Andrea Martinis)