La Corte di cassazione, con la sentenza n. 10579 del 2021, riapre la questione del metodo di calcolo del danno da perdita parentale. Si tratta, in sostanza, di trovare un sistema per dare un “prezzo” alla perdita di un congiunto, per risarcire cioè quella componente di danno che prescinde dall’elemento patrimoniale. Il danno morale si calcola in via equitativa, non essendo ovviamente possibile pensare ad una immediata quantificazione economica del venir meno di una persona cara.

In assenza di un criterio di legge per operare questa stima, le Tabelle di Milano rappresentano ormai un modello utilizzato a livello nazionale per il calcolo dei danni non patrimoniali. Esse forniscono il supporto più utilizzato per il calcolo del danno da invalidità permanente/temporanea. La Cassazione ne ha più volte avallato l’impiego, al punto da attribuirgli efficacia para-normativa. Per liquidare il danno non patrimoniale, quindi, il giudice può utilizzare le tabelle e, laddove se ne voglia discostare, dovrà darne motivazione, spiegando per quale motivo, nel singolo caso trattato, sia – per così dire – uscito dai margini.

Le Tabelle del Tribunale di Roma

Ciò è particolarmente importante se si pensa che, nonostante l’autorità del sistema milanese, resistono le tabelle elaborate dal Tribunale di Roma, che adottano un metodo di calcolo diverso. Ci si può chiedere, quindi, se, dovendo liquidare una voce di danno non patrimoniale, il giudice sia tenuto a seguire il modello milanese, preferendolo a quello romano.

La questione è stata posta proprio nella sentenza menzionata sopra. Ed è stata risolta dalla Cassazione dopo una riflessione sul modello di calcolo del danno non patrimoniale. La Corte parte dal presupposto che l’utilità delle tabelle consiste principalmente nel fatto di offrire un riferimento a priori. In particolare, per quanto riguarda la liquidazione del danno biologico, le Tabelle di Milano utilizzano il metodo del “punto variabile”. Questo sistema garantisce l’uniformità e la prevedibilità delle decisioni: seguendo tale criterio, si ha la sicurezza di liquidare lo stesso ammontare per casi analoghi, assicurando così uniformità di trattamento. il metodo del punto variabile, quindi, toglie spazio a decisioni arbitrarie.

Minimo/massimo contro punto variabile: il secondo criterio è preferibile

Con riferimento al danno da perdita parentale, però, le Tabelle di Milano utilizzano un altro criterio e cioè individuano un minimo ed un massimo liquidabile. In parole povere: a seconda del grado di parentela, viene data una “forbice” entro la quale va individuata la somma spettante al parente superstite. Questo metodo non offre le stesse garanzie di uniformità e prevedibilità del punto variabile. Al contrario, le Tabelle romane prevedono una serie di parametri che, sulla base di elementi come il grado di parentela, l’età del defunto, quella del superstite ecc., assegna dei punti, che concorrono a determinare la somma liquidabile.

La Cassazione esprime il favore proprio per questo tipo di calcolo, che – assegnando valore ad altrettanti parametri – consente di giungere più facilmente a soluzioni uniformi e prevedibili. Per tale motivo, la Corte ha indicato che, laddove il giudice non liquidi il danno utilizzando un sistema simile, dovrà prestare particolare attenzione a motivare tale scelta. Questa attenzione sarà massima nel caso in cui, impiegando un metodo di calcolo diverso da quello a punti, si giunga ad una liquidazione inferiore o comunque sproporzionata rispetto a quella che, diversamente, si sarebbe ottenuta.

(avv. Andrea Martinis)