Quello delle e-mail promozionali resta sempre un terreno estremamente spigoloso. Ne sa qualcosa un’azienda, recentemente sanzionata dal Garante Privacy, proprio per aver inviato una serie di e-mail volte a presentare i propri servizi ad una serie di potenziali clienti. Uno di essi, ricevendo la comunicazione e non ritenendo di essere interessato, ha chiesto di cessare l’attività promozionale nei suoi confronti. L’azienda, però, ha continuato ad inviare ulteriori comunicazioni e a questo punto la persona in questione si è rivolta al Garante.

L’invio di comunicazioni via e-mail ad una persona fisica, ovviamente, configura un trattamento di dati personali, precisamente (quantomeno) l’indirizzo o il nominativo di questa persona. L’azienda ha cercato di sostenere la liceità di questo trattamento, in particolare invocando la categoria del cosiddetto soft spam. Con questo termine, si individua l’invio di comunicazioni elettroniche promozionali alla clientela; una pratica che il Garante ha ritenuto lecita.

Gli stretti limiti per il soft spam

Nel caso specifico, però, secondo l’Autorità non si può parlare di soft spam. Si rientra in questa fattispecie solamente nel caso in cui le e-mail vengono rivolte a persone che hanno precedentemente fornito il proprio indirizzo di posta elettronica. Più precisamente: si può parlare di soft spam solo quando un’azienda si rivolge al proprio database di clienti. A persone, cioè, con cui è già precedentemente entrata in contatto per fornire loro un bene o un servizio.

Per cercare di difendersi ed evitare una sanzione, l’azienda ha spiegato al Garante di aver estratto i nominativi da pubblici registri. Si è rivolta, quindi, a professionisti, i cui dati erano presenti in elenchi aperti alla consultazione. Questa giustificazione non è piaciuta al Garante: la finalità per cui esistono tali elenchi, infatti, non è certo quella di ricevere comunicazioni promozionali. Per poter inviare pubblicità ad un soggetto presente in questi elenchi, quindi, serve il suo consenso.

Il trattamento di dati personali effettuato senza consenso o in ogni caso senza una valida giustificazione, quindi, deve dirsi illecito. Va da sé che il Garante ha riscontrato un’ulteriore violazione nel non aver interrotto l’invio di comunicazioni promozionali, nonostante l’espressa richiesta rivolta in tal senso dall’interessato. Complessivamente, l’azienda ha ricevuto una sanzione di ben 10.000 euro.