All’estensione dell’obbligo di Green Pass ha fatto seguito l’allargamento della platea di soggetti destinati a controllarlo. Sono sorte quindi alcune domande aventi ad oggetto il trattamento dei dati personali. Immancabilmente, infatti, la verifica sulla “certificazione verde” comporta l’accesso e la gestione di una serie di informazioni, alcune delle quali particolarmente delicate in quanto inerenti alla salute degli interessati.

Le risposte del Garante

Il Garante Privacy è intervenuto per rispondere a queste domande. L’Autorità ha anzitutto sgombrato il campo da un dubbio: in accordo alla normativa in materia, i dati trattati sono solo quelli indispensabili. Entrando nello specifico, ha osservato che la disciplina contiene una puntuale regolamentazione degli specifici canali digitali funzionali alla lettura della certificazione verde. Si prevede inoltre che c’è solo una specifica app (VerificaC19) utilizzabile per la lettura del QRcode.

Ma, quindi, cosa può e cosa non può fare il controllore? Egli può, dice il Garante, verificare l’identità personale di chi esibisce il Green Pass, potere ovviamente funzionale ad accertarsi che non venga utilizzato quello altrui. Non può, invece, raccogliere e conservare i dati dell’intestatario. Ad avviso del Garante, il gestore di un locale che si limita a seguire le indicazioni riportate nella normativa (dd.ll. nn. 52 e 105 del 2021, nonché dPCM 17 giugno 2021) non commette alcun illecito in materia di privacy.

Per quanto riguarda la documentazione cartacea, invece, il Garante ha preso in esame i documenti rilasciati a chi è esentato dall’obbligo di esibire il Green Pass, come i bambini sotto ai 12 anni o i soggetti che non possono sottoporsi al vaccino per questioni di salute. In questi casi, rammenta l’Autorità, è necessario che le informazioni riportate su questi moduli siano solamente quelle strettamente indispensabili per dimostrare l’esenzione.