Il superamento del limite di velocità è un po’ un “grande classico” delle violazioni al Codice della Strada. L’accertamento di questo comportamento è solitamente effettuato attraverso apparecchiature specifiche, che facilitano il lavoro degli Agenti operanti. Rappresenta, invece, una modalità più insolita quella utilizzata nel caso deciso dalla Corte di cassazione (ordinanza n. 1106 del 2022).

L’inseguimento e il tachimetro

Succede infatti che i Carabinieri si mettano all’inseguimento di un’automobile, che secondo loro sfreccia a velocità sostenuta. La corsa si conclude con l’automobilista che viene fermato e sanzionato per mancato rispetto del limite di velocità. Nel verbale redatto dagli accertatori, si legge che il tachimetro della vettura dei Carabinieri ha toccato i 160 km/h: da qui si desume, secondo i verbalizzanti, che anche l’inseguito stesse toccando le stesse cifre. Secondo il Giudice di pace e il Tribunale che si sono occupati del caso, basta questa verbalizzazione per chiudere il caso.

La Cassazione, però, non è d’accordo. Certamente, il verbale fa piena prova di quanto ivi riportato, fino a querela di falso. Il punto, però, è quello di chiarire la portata di questa fede privilegiata. Secondo la Cassazione, infatti, questo privilegio è limitato a ciò che i verbalizzanti attestano di essere avvenuto in loro presenza, ma non si estende alle deduzioni ricavate da tali fatti. Ecco, quindi il limite: fa piena prova (fino a querela di falso) che il tachimetro dell’auto dei Carabinieri ha toccato i 160 km/h. Diversamente, non è provato che anche l’automobile inseguita viaggiasse ad analoga velocità, perché questa è una deduzione, non un fatto avvenuto in presenza dei Carabinieri.

Le conseguenze in punto probatorio

Può sembrare una sottigliezza, ma non è così, soprattutto pensando alle conseguenze processuali. Mentre, infatti, può dirsi per provata la velocità toccata dall’automobile inseguitrice, lo stesso non si può dire per quanto riguarda la vettura che poi, peraltro, è stata raggiunta. Per lo meno, non si può pensare che il verbale sia sufficiente per giustificare la sanzione. Secondo la Cassazione, quindi, andrà compiuta un’ulteriore verifica sulla condotta di guida dell’automobilista.