Le immissioni sono uno dei problemi che da sempre investe i rapporti di vicinato; siano acustiche (uno dei casi più frequenti), ovvero laddove esse consistano in odori sgradevoli, esse non devono superare la “soglia di normale tollerabilità” (art. 844 c.c.), tenendo conto della natura dei luoghi. Laddove questa soglia venga superata, scatta il diritto al risarcimento del danno subito da chi ha dovuto e tale danno, stando alla Corte di cassazione (da ultimo, ordinanza n. 20445 del 28.08.17), è “risarcibile indipendentemente dalla sussistenza di un danno biologico documentato”.

Questo principio, peraltro, si colloca in un solco già ben definito dalla giurisprudenza della Suprema Corte (cfr. ex plurimis Cass. Civ. Sez. 3, sentenza n. 26899 del 19.12.14 , n. 20927 del 16.10.15) e distingue tra domanda risarcitoria in cui sia dedotto un danno biologico derivante dalle immissioni (in tal caso, servirà una prova di tale danno, mediante riscontri medici), dal caso in cui, invece, il danneggiato lamenti la lesione del diritto, costituzionalmente tutelato, alla libera esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane: in tale ultimo caso, infatti, la prova del pregiudizio subito può essere fornita anche mediante presunzioni o sulla base delle nozioni di comune esperienza.

Come a dire che, una volta accertata l’illiceità, ad esempio, di rumori notturni, sarà giocoforza possibile chiedere il risarcimento del danno per il mancato riposo.

(avv. Andrea Martinis)