Connessione Internet più lenta di quanto promesso: una situazione, molto spiacevole, che si verifica spesso. Disagio per il quale, però, esiste un rimedio, come ricorda una sentenza del Giudice di pace di Monza (407/2022). Nel caso di cui ci si è occupati, l’utente aveva sottoscritto un’offerta che prometteva di navigare ad una certa velocità. I test effettuati sulla linea, però, davano altri risultati, ben inferiori alle aspettative.

Vincolato al contratto, di durata pluriennale, il cliente ha ripetutamente chiesto all’operatore di porre rimedio all’inconveniente, senza esito. Il provider, dal canto suo, rispondeva che la lentezza non dipendeva dal servizio offerto, ma dalla lunghezza del cavo di rame. In pratica: è eccessiva la distanza tra la casa e l’armadio stradale da dove la linea viene poi indirizzata verso l’abitazione dell’utente. Si tratta della problematica nota anche come “ultimo miglio”.

Per il Giudice di pace, però, questa non è una giustificazione valida. Ad avviso del magistrato, infatti, l’operatore dovrebbe essere a conoscenza di queste peculiarità tecniche e dei potenziali problemi che ne derivano. Di conseguenza, non dovrebbe presentare offerte che, all’atto pratico, non è in grado di rispettare. Per questa ragione, l’utente ha diritto ad essere indennizzato per il pregiudizio subito.

Ma come si calcola questo danno? Per rispondere, esiste il Regolamento apposito, predisposto dall’Autorità Garante per le Comunicazioni (delib. 347/2018). Questo documento prevede infatti una specie di tariffario, individuando cioè i disguidi più frequenti e stabilendo il loro equivalente in termini di indennizzo. Una di queste fattispecie è proprio l’irregolare o discontinua erogazione del servizio: la rete, quindi, c’è, ma non funziona come dovrebbe.

In applicazione dei parametri individuati nel Regolamento, il Giudice di pace ha condannato l’operatore telefonico a versare la somma complessiva di quasi 4.000 euro.