La comunicazione con cui viene disposta la revisione della patente di guida, a causa dell’azzeramento dei punti della patente, è un incubo per molti italiani; quando l’interessato la riceve, ha trenta giorni di tempo per sottoporsi all’esame di idoneità, pena la sospensione della patente a titolo indeterminato, come indicato dall’art. 126-bis, comma 6, del Codice della strada. La stessa norma precisa che la comunicazione viene rivolta sia a chi ha perso tutti i punti della patente, sia a chi, nell’arco di dodici mesi, ha subito tre decurtazioni di almeno cinque punti ciascuna.
Il Meccanismo della patente a punti, introdotto ormai da tempo, è noto: il verbale che rilevi una violazione al Codice della strada individua se, da essa, derivi anche la perdita di punti e, in caso affermativo, ne fissa la misura, in conformità alle previsioni di legge. Nel momento in cui il verbale diventa definitivo, perché è stata pagata la multa o perso il ricorso contro di esso, l’organo accertatore comunica la decurtazione di punti all’anagrafe nazionale. Ogni decurtazione, recita il comma tre dell’art. 126-bis Cds, viene “comunicata agli interessati” che, in ogni momento, possono controllare il loro punteggio residuo in forma semplificata (telefonata al numero verde oppure registrazione al portale dell’automobilista).
Si è discusso a lungo sul valore della comunicazione che l’anagrafe rivolge a chi ha subito una decurtazione. Ci si chiede, in particolare, se essa sia una condizione essenziale per legittimare la comunicazione con cui viene disposta la revisione. In poche parole: per ritenere valida questa comunicazione, è necessario che – prima – l’automobilista abbia ricevuto indicazione dell’avvenuta decurtazione?
Questo orientamento viene fondato solitamente su due elementi. Uno, formale, è la previsione, vista sopra, per cui “ogni variazione di punteggio è comunicata agli interessati”; l’altro, sostanziale, ritiene che questa informazione consenta all’interessato di partecipare ai corsi organizzati dalle scuole guida e recuperare così il punteggio perso. Ovviamente, si tratta di una impostazione garantista, che vorrebbe cioè assicurare agli automobilisti uno “step” intermedio tra l’accertamento della violazione (con conseguente decurtazione) e la comunicazione di invito alla revisione. Giudici di pace (e anche Tribunali) sparsi per l’Italia hanno dimostrato di essere favorevoli a questa lettura.
La Corte di cassazione, però, è andata in segno diametralmente opposto. Secondo i Giudici di legittimità, infatti, per la validità del provvedimento con cui è disposta la revisione, non è necessaria alcuna precedente comunicazione all’interessato. Le ragioni a sostegno di questo orientamento sono molteplici ed è possibile leggerle nella sentenza n. 28298 depositata in data 11 dicembre 2020. Ad avviso della Corte, l’applicazione della decurtazione dei punti non deriva dalla comunicazione rivolta dall’anagrafe all’automobilista, ma dall’accertamento della violazione; questo significa che ogni automobilista, per il semplice fatto di aver ricevuto un verbale di accertamento, è messo al corrente della decurtazione e può accedere agli strumenti che gli sono messi a disposizione per controllare il proprio punteggio. La comunicazione di cui al comma tre dell’art. 126-bis ha natura semplicemente informativa e la sua mancanza non ha conseguenze sul provvedimento con cui viene disposta la revisione. Provvedimento questo che, a sua volta, è atto vincolato all’azzeramento del punteggio.
Insomma, secondo la Corte di cassazione, il sistema così delineato riesce comunque a garantire all’automobilista di essere informato sul proprio punteggio, potendo così frequentare i corsi di recupero prima dell’azzeramento ed evitare la revisione. L’iscrizione a questi corsi, del resto, non è subordinata alla ricezione di una comunicazione di decurtazione, ma può essere fatta dietro la semplice esibizione del saldo punti.
(avv. Andrea Martinis)
Avv. Andrea MARTINIS
diritto civile (responsabilità civile, assicurazioni, recupero crediti), privacy, diritto penale