I recenti e plurimi episodi di violenza registrati dalla cronaca ai danni degli operatori sanitari nel corso dell’ultimo anno solare rendono quanto mai attuale l’argomento. Questa situazione non è sfuggita al Legislatore, che è intervenuto in materia con un provvedimento ad hoc.
L’emergenza COVID ed il sempre più frequente ricorso ai presidi ospedalieri hanno certamente contribuito ad aggravare i problemi. Nei locali di triage, negli ambulatori dove viene effettuata la visita medica, nelle sale di attesa e nelle aree di accettazione si moltiplicano infatti le forme di violenza verso i sanitari che stanno lavorando. La forma di violenza più tipica è certamente quella verbale, ma non mancano episodi in cui si arriva anche alla violenza fisica. Le vittime sono i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari presenti nelle strutture. Il che ha spesso ingenerato nel personale sanitario una forte percezione del pericolo e provocato molteplici effetti collaterali come ansia, rabbia e senso di ingiustizia.
Va allora ricordato che il nostro Legislatore, con legge n. 113/2020 ha dettato norme specifiche a tutela degli operatori sanitari sul posto di lavoro. Si tratta di “Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni”.
In particolare, con la modifica all’articolo 583-quater del codice penale, si parla ora di “lesioni personali gravi o gravissime cagionate a personale esercente una professione sanitaria o socio-sanitaria nell’esercizio o a causa delle funzioni o del servizio, nonché a chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso, funzionali allo svolgimento di dette professioni, nell’esercizio o a causa di tali attività”. Tale reato è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.
Il reato è procedibile d’ufficio. Una volta che il Pubblico Ministero riceve notizia di una lesione grave o gravissima, quindi, non è necessario che il sanitario presenti una querela. Basta il classico verbale di intervento redatto dalla Polizia o dai Carabinieri, insomma. Con l’avvio del procedimento penale, si apre la possibilità di chiedere in tale sede il risarcimento del danno al responsabile, attraverso la costituzione di parte civile. Questa opzione consente di evitare i costi e i tempi di un processo civile. La sentenza che accerti la responsabilità penale andrà così anche a condannare il colpevole al risarcimento del danno.
Il reato in questione contempla le lesioni “gravi o gravissime”. Ai sensi di legge (art. 583 codice penale), per lesione grave si intende quella che comporta una malattia superiore ai quaranta giorni: in pratica, una prognosi di guarigione dai quarantuno giorni in su. Per lesione gravissima, invece, si intende quella che comporta, alternativamente, una malattia insanabile, una mutilazione, la perdita di un senso, lo sfregio permanente del viso.
E per le lesioni che non sono né gravi né gravissime? In questi casi, resta salva la possibilità di punire l’autore, che risponderà a titolo di lesioni personali (art. 582 codice penale). Le lesioni personali sono punite con la pena della reclusione da sei mesi a tre anni e, se non comportano prognosi superiori ai venti giorni, sono procedibili a querela della persona offesa. Se queste lesioni sono arrecate ad un sanitario in servizio, però, in forza delle novità introdotte dalla citata legge del 2020, le conseguenze sono diverse. Da un lato, si procede d’ufficio e non serve la querela; dall’altro, la pena è aggravata, potendo essere aumentata fino ad un terzo. Lo stesso regime (procedibilità d’ufficio e pena aggravata) è stata prevista per il reato di percosse (art. 581 codice penale), ovvero l’ipotesi in cui qualcuno venga malmenato, senza però riportare lesioni.
Sono state inoltre previste specifiche misure di prevenzione (protocolli operativi con le forze di polizia, per garantire il loro tempestivo intervento), nonché si è istituita (art. 8) la “Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari” volta proprio a sensibilizzare la cittadinanza a una cultura che condanni ogni forma di violenza.