Il tribunale di Venezia (ordinanza 30 settembre 2020) ha “salvato” dallo sfratto il titolare di un’attività commerciale (nello specifico, il gestore di un servizio di alloggi destinati al turismo) che, a causa delle restrizioni imposte dalla normativa “anti-Covid19”, per mesi non era riuscito a lavorare (e quindi ad incassare), omettendo di conseguenza il versamento dei canoni di locazione. La situazione, ovviamente, non è certo un caso isolato, visto che la cronaca degli ultimi mesi ha registrato numerose vicende di attività imprenditoriali trovatesi in seria difficoltà dopo i mesi di lockdown e i conseguenti mancati incassi.

Nel caso finito all’esame del giudice lagunare, l’imprenditore aveva ricevuto un’ingiunzione di pagamento, avente ad oggetto i canoni scaduti (relativi proprio ai primi mesi del 2020) e, non avendo provveduto al relativo pagamento, aveva subito l’avvio della procedura di sfratto. Si è così costituito in Tribunale, richiamandosi all’art. 1464 c.c., in materia di contratti a prestazioni corrispettive, invocando la sopravvenuta impossibilità parziale della prestazione. Il principio che regola la norma è di facile comprensione: se la prestazione dovuta da uno dei contraenti è divenuta parzialmente impossibile, l’altro può chiedere una riduzione della prestazione da lui dovuta, oppure recedere dal contatto, se non ha interesse a proseguire.

Nel contratto di locazione, come noto, la prestazione del locatore consiste nel mettere a disposizione i locali, destinati ad un determinato uso, mentre quella del conduttore consiste nel pagare il canone. Tale ultima prestazione non è mai impossibile, nemmeno in caso di lockdown, perché il denaro è il bene fungibile per antonomasia. L’attenzione, dunque, deve concentrarsi sugli obblighi spettanti al locatore. Ebbene, secondo il Tribunale di Venezia, ad essere divenuta parzialmente impossibile era proprio la prestazione dovuta dal locatore, tenuto a mettere a disposizione i locali per l’uso convenuto: stante le restrizioni imposte per legge, infatti, questi locali (destinati, come detto, ad ospitare turisti) non erano utilizzabili in tal senso, ragion per cui il conduttore, ad avviso del Giudice, ha diritto di chiedere la riduzione del canone di locazione (o, laddove lo volesse, la risoluzione del contratto).

In questo modo, il Tribunale (che si è posto in linea con analoga ordinanza datata 28 luglio 2020), ha valorizzato lo scopo sotteso alla locazione commerciale, che era appunto quello di utilizzare i locali per finalità turistico-ricettiva; se, da un lato, per i mesi di lockdown, il conduttore aveva pur sempre avuto la materiale disponibilità degli stessi, dall’altro lato egli, a causa delle ben note restrizioni, non aveva potuto utilizzare tali spazi così come previsto nel contratto di locazione. Ergo, il locatore non aveva pienamente potuto rendere la prestazione dovuta e da qui la sopravvenuta impossibilità parziale.

Il Giudice ha ritenuto di dover valorizzare i canoni di solidarietà (art. 2 Cost.), espressamente richiamati nel provvedimento, “forzando” in questo modo la ricerca di un accordo tra le parti, volto alla riduzione dei canoni di locazione relativi ai mesi di lockdown. Detto questo, resta in ogni caso utile rilevare come, da un lato, l’art. 1464 c.c. si dimostra una delle poche norme “utili” alla lettura di queste situazioni e, dall’altro, laddove anche una delle parti cerchi la via giudiziale, la risposta più efficace risulta essere quella dell’accordo tra i contraenti, finalizzato alla rinegoziazione del contratto.

(avv. Andrea Martinis)