Offerte commerciali direttamente via messaggio? Una recentissima ordinanza del Garante Privacy fa scattare (o perlomeno dovrebbe) un campanello d’allarme rispetto a certe modalità di marketing praticate sui social networks. Nel caso di specie siamo su Linkedin e un agente immobiliare scrive un messaggio ad una persona iscritta al social. Il messaggio suona più o meno così: “visto che possiedi l’immobile che si trova in tale zona, sappi che se ti interessa venderlo, la mia agenzia è a disposizione”.

La persona che si è trovata questo messaggio in chat, però, non l’ha presa bene e ha segnalato questo comportamento al Garante, il quale ha chiesto delucidazioni all’agenzia immobiliare. È evidente infatti che l’agenzia ha svolto una ricerca sulla persona, risalendo all’immobile posseduto, e ha deciso di contattarla, prendendo così un’iniziativa precisa. Non ottenendo un feedback dall’agenzia, il Garante ha avviato un procedimento, ottenendo così le risposte richieste. Risposte che, tuttavia, non hanno convinto il Garante. Ma come ha provato a difendersi l’agenzia immobiliare?

Le ragioni dell’agenzia immobiliare

a) il profilo Linkedin è naturalmente configurato per accettare messaggi da chiunque. Questo significa che l’invio di un messaggio, contenente una proposta commerciale, non dovrebbe rappresentare una violazione della riservatezza. Tanto più che la conversazione resta visibile unicamente ai due soggetti coinvolti. Insomma, se un utente Linkedin non volesse ricevere messaggi, può sempre settare il suo profilo in tal senso;

b) il pubblico registro immobiliare è consultabile da chiunque; acquisire i dati relativi alla proprietà di immobili rappresenta esattamente lo scopo per cui esiste tale registro.

Le ragioni del Garante

Il Garante, come detto, non si è accontentato di queste risposte e, anzi, ha osservato che l’invio del messaggio ha rappresentato un trattamento illecito di dati personali. Due le ragioni di questa interpretazione:

a) poiché la vicenda si è svolta all’interno di un social network, si deve partire da un presupposto: che gli iscritti abbiano, rispetto alla loro permanenza sul social, una determinata aspettativa. Essa viene delineata dai termini di servizio della piattaforma. Linkedin è pensato per creare una community di persone che mettono in mostra la propria professionalità e intendono scambiare conoscenze e contatti con altri utenti. Questo non significa in alcun modo che iscrivendosi a Linkedin ci si deve aspettare di ricevere messaggi con finalità promozionali. Le condizioni del social non prevedono infatti che gli utenti possano spammare gli altri scritti.

b) l’accesso ai registri immobiliari è sicuramente lecito. L’agente immobiliare, così come chiunque di noi, può verificare se un determinato soggetto risulta intestatario di immobili. Quello che si contesta nel caso specifico, però, non è l’acquisizione, ma l’utilizzo che si è fatto del dato, ovvero lo scopo meramente promozionale. Non va dimenticato, infatti, che la persona destinataria del messaggio non era in contatto con l’agenzia immobiliare e non aveva chiesto i suoi servizi.

Il trattamento illecito di dati personali

L’agente ha pertanto commesso un trattamento di dati personali senza una idonea base giuridica. Non vi è cioè una ragione che giustifichi l’aver raccolto i dati personali e averli usati per la finalità promozionale. Questa iniziativa non rientra infatti nelle condizioni di utilizzo di Linkedin, né la destinataria del messaggio aveva acconsentito ad essere contattata. Poiché il titolare del trattamento (ovvero l’agenzia immobiliare) ha considerato lecito l’operato del suo agente, il Garante ha ritenuto violate anche le norme del GDPR che impongono al titolare l’adozione di misure organizzative finalizzate alla protezione dei dati personali.

Le sanzioni

Detto questo, per l’agenzia non è scattata una sanzione per l’illecito trattamento. Il Garante si è dimostrato magnanimo. Da un lato, ha osservato che per l’agenzia immobiliare si trattava pur sempre del “primo strike”, non avendo commesso illeciti in precedenza. Dall’altro lato, ha tenuto conto della difficoltà legata alla crisi del mercato in epoca Covid, che può aver spinto all’adozione di un marketing spregiudicato. L’agenzia è stata però sanzionata per non aver dato immediato riscontro alle richieste di chiarimenti che il Garante le ha rivolto. 5000 euro di sanzione amministrativa, per essere precisi.