Il reato di minaccia si perfeziona nel momento in cui qualcuno prospetta ad altri un male ingiusto. La forma in cui può essere commesso è chiaramente libera. Può esserci una comunicazione verbale o scritta: in questo senso, le minacce in chat sono all’ordine del giorno. La minaccia può anche derivare da una particolare condotta, come impugnare un’arma e rivolgerla contro la vittima. Anche un gesto può rappresentare una minaccia e comportare, per l’autore, una condanna in sede penale.
Il valore dei gesti
È il caso dei fatti di cui si è occupata la Corte di cassazione (sentenza n. 25497/21), che ha confermato la condanna di una persona, responsabile di aver mimato il gesto dello sgozzamento. La storia è quella di un’amicizia finita in modo burrascoso. Il tempo non ha lenito le ferite e infatti, quando le due persone si incontrano nuovamente, una delle due comincia ad aggredire l’altra. Nei momenti concitati che seguono, c’è una colluttazione, che porta lesioni personali ai danni della vittima. Quest’ultima si vede poi rivolgere il gesto del dito sotto la gola.
Secondo i giudici che si sono occupati della vicenda, non c’è dubbio che il gesto rappresenta una minaccia di morte. L’interpretazione è ovviamente inequivocabile, ma, a parte questo, ad avviso della Cassazione è altrettanto certo che si possa parlare di minaccia, penalmente rilevante.
Il ruolo del contesto
Per arrivare a questa decisione la Corte dà rilievo al contesto in cui la persona ha rivolto il gesto. L’aggressione e la violenza manifestata, infatti, porta a ritenere che non si sia trattato di una cosa fatta “tanto per fare”. Secondo la Cassazione, quindi, ritenersi minacciati da quel gesto, in un simile contesto, non è un’esagerazione. Viceversa, chi mima lo sgozzamento nei confronti di qualcun altro, dovrebbe fare molta attenzione alle conseguenze di un simile comportamento.
Avv. Andrea MARTINIS
diritto civile (responsabilità civile, assicurazioni, recupero crediti), privacy, diritto penale