La Corte di cassazione ha esaminato il caso di un sinistro stradale dagli esiti mortali, in esito al quale i parenti della vittima, tra le altre domande risarcitorie, avevano anche avanzato una pretesa concernente il danno patrimoniale da perdita del lavoro domestico. Secondo la tesi prospettata, infatti, dopo il decesso della moglie/madre, che faceva la casalinga, il nucleo familiare aveva perso la persona che si occupava di svolgere i lavori e le faccende legate a pulizia e mantenimento della casa.

Con la sentenza n. 238 del 10 gennaio 2017, la Suprema Corte ha accolto tale domanda, spiegando che non è necessario dare specifica prova delle attività abitualmente svolte dalla defunta, precedentemente al decesso. Questo in quanto, secondo i Giudici di legittimità, “la prova che la vittima attendesse a tale attività può essere ricavata in via presuntiva dalla semplice circostanza che non avesse un lavoro, mentre spetta a chi nega l’esistenza del danno dimostrare che la vittima, benché casalinga, non si occupasse del lavoro domestico”. Il danno, prosegue il ragionamento, andrà valutato equitativamente, tenendo in considerazione il fatto che i compiti svolti dalla casalinga “risultano di maggiore ampiezza, intensità e responsabilità rispetto a quelli espletati da un prestatore d’opera dipendente”.

(avv. Andrea Martinis)