Una recente sentenza del Tribunale Civile di Pavia (n. 468/19) consente di fare il punto sulla ipotesi, sempre più frequente, di offese perpetrate a mezzo Facebook. In questo caso, un utente, non soddisfatto del servizio reso da un ufficio comunale, aveva espresso il suo disappunto sulla pagina Facebook del Comune, apostrofando con epiteti ingiuriosi (ignorante, maleducato) l’impiegato a cui si era rivolto.
Secondo il Tribunale, le offese arrecate utilizzando una bacheca di Facebook integrano l’ipotesi di diffamazione aggravata, in quanto esse sono potenzialmente in grado di raggiungere un numero elevato di persone e sono pertanto equiparabili a quelle arrecate a mezzo stampa; al riguardo, nella sentenza vengono citate le massime giurisprudenziali ormai largamente conformi sul punto.
È sufficiente, prosegue il Tribunale, che la persona offesa sia individuabile: non occorre, pertanto, che sia menzionata con nome e cognome, ma ciò che rileva è che, dalla lettura dello scritto offensivo, sia possibile risalire al bersaglio. In questo caso, quindi, è stato sufficiente rivolgere gli epiteti offensivi all’impiegato di un determinato ufficio perché fosse possibile individuarlo. Anche su questo punto la giurisprudenza formatasi è costante.
Ultima annotazione, che può valere come invito a trattenersi da pubblicare certi commenti: lo “sfogo” è costato all’utente la condanna al risarcimento del danno, stimato in complessivi 5000 euro.
Avv. Andrea MARTINIS
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