Qualche volta, non c’è limite al peggio e, nelle circostanze più imprevedibili, per una sequenza di avvenimenti apparentemente banali che sfuggono al nostro controllo, rischiamo anche di rimetterci la vita. Succede che un padre di famiglia mette il guinzaglio al suo cane, un siberian husky, prende a braccetto la moglie ed esce per una passeggiata. Da un hotel là vicino, una signora inforca la bicicletta ed esce a sua volta, accompagnata da un cane meticcio di piccola taglia. Ma non si preoccupa di tenerlo al guinzaglio o di mettergli la museruola. La coppia a passeggio e la signora in bicicletta si incrociano. Il cagnetto si avventa sull’husky per morderlo. La moglie interviene per separare i cani. Il cagnetto addenta la caviglia della moglie. L’husky strattona, l’uomo perde l’equilibrio e cade. Batte la testa. E finisce in ospedale dove, dopo due giorni di incoscienza, muore.

Vari giudici si sono occupati della tragedia, cercando di individuare chi fosse il responsabile del decesso. E, all’inizio, hanno deciso che il responsabile fosse … l’husky. Infatti, è stato accertato che l’uomo teneva al guinzaglio il proprio cane e, non riuscendo a controllarlo per l’energia dell’animale, aveva perso l’equilibrio ed era caduto a terra. Cioè, la caduta del signore era stata causata dal proprio cane. Il litigio tra i cani, provocato sicuramente dalla presenza del meticcio senza guinzaglio, in realtà non sarebbe stato la “causa”, per cui si è verificata la caduta. La morte ha avuto una causa indipendente, che è stato lo strattone che l’husky aveva fatto, provocando la fatale caduta del suo padrone.

I parenti della vittima non si danno per vinti e ricorrono alla Corte di Cassazione sulla base del parere di un esperto cinofilo, che spiega la psicologia canina dell’husky. In pratica, dopo che il meticcio aveva aggredito l’altro cane e dopo che aveva azzannato la moglie, la zuffa non era cessata: considerata “la psicologia animale”, per l’husky, che “ragionava da cane”, la lite non si era ancora conclusa, tanto più nel vedere aggredita dal meticcio anche la sua padrona. È vero che la caduta è avvenuta quando il meticcio aveva smesso di aggredire l’husky per addentare la caviglia della donna, ma l’intero comportamento del cane aggredito è una chiara conseguenza della prima aggressione, che non era mai cessata e, anzi, aveva coinvolto tutte le persone presenti.

Dunque, la sequenza degli avvenimenti e le loro cause vanno riviste. I primi giudici, che avevano ritenuto che lo strattone dell’husky fosse una nuova causa, autonoma, da sola sufficiente a provocare la caduta e la morte del signore, hanno sbagliato. Il comportamento dell’uomo e dell’husky erano tesi a fronteggiare e, se possibile, a neutralizzare il comportamento del meticcio. Pertanto, sia il comportamento della vittima sia quello del suo cane sono stati determinati dall’aggressione del meticcio, che è stata la reale causa di tutti gli eventi.

Viene così stabilito chi fosse la reale responsabile dell’incidente mortale: la signora in biciletta, che se ne andava in giro sulla pubblica via, in centro e in orario di punta per il passeggio serale, in una situazione di “totale carenza di custodia dell’animale” e “con ridottissime possibilità di intervento”, con il cane non tenuto al guinzaglio e privo di museruola. Anche dopo l’inizio della zuffa e il morso inferto dal meticcio, la ciclista era rimasta pacificamente inerte sulla sua bicicletta, senza fare nulla e senza tentare di intervenire in alcun modo sul proprio cane, per far cessare l’aggressione e la zuffa. (Corte di Cassazione 21772/2019)