Quotidianamente troviamo i marciapiedi ingombri di persone che ciondolano o passeggiano distratte, mentre chattano al telefonino. O, quotidianamente, mentre siamo impegnati in importanti conversazioni, veniamo superati da persone che camminano veloci e ci superano sbuffando. Comunque sia, passeggiare mentre si utilizza il cellulare è diventata la norma e, presi da questa abitudine, rischiamo di dimenticare che la conversazione telefonica ci distrae e abbassa la nostra soglia di attenzione. Soprattutto se abbiamo gli occhi fissi sullo schermo per digitare messaggi o scrollare post. Magari mentre attraversiamo la strada.

Succede a Trieste. Una signora fa cenno all’autobus d’accostare e il conducente si ferma per farla salire. Non si ferma accanto al marciapiede perché alcuni veicoli in sosta ingombrano la fermata. La signora scende dal marciapiede per salire sull’autobus e, mentre copre la breve distanza tra il marciapiede e il veicolo, viene investita da un’auto, che stava superando il mezzo pubblico sulla destra. La signora investita chiede i danni, ma la sua domanda non viene accolta né bonariamente, né dal Giudice di Pace. Così, decide di impugnare la sentenza rivolgendosi al Tribunale.

Innanzitutto, chiariamo che quando un pedone viene investito, è il conducente del veicolo a dover dimostrare “di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno”. Dunque, chi guida è responsabile a meno che non riesca a provare il contrario. E come può fornire questa prova? Ci sono due possibilità:

– può dimostrare di avere tenuto un comportamento esente da colpa e perfettamente conforme alle regole del codice della strada;

– ma può anche dimostrare che il comportamento della vittima è stato la causa esclusiva dell’incidente.

Cioè, se la colpa è del pedone, il guidatore che lo ha investito non è responsabile dei danni. E quando ci troviamo di fronte ad una colpa del pedone? Devono esserci contemporaneamente ben tre circostanze:

1) il conducente, nonostante la sua diligenza alla guida, si è trovato nella condizione di non poter avvistare il pedone ed osservarne con tempestività i movimenti;

2) i movimenti del pedone sono stati così rapidi e inaspettati da rendere inevitabile l’urto;

3) nessuna infrazione, benché minima, è addebitabile al conducente (avendosi, in caso contrario, soltanto una colpa concorrente del pedone).

Torniamo al nostro caso. Al di là della difesa della signora investita, le prove raccolte durante il processo cosa hanno rivelato? E’ emerso che la pedona non aveva segnalato tempestivamente all’autista la propria volontà di salire sull’autobus, al punto che quest’ultimo, onde consentirle l’ingresso sul mezzo, avevo deciso di arrestare la propria marcia oltre la fermata e alla sinistra della stessa, a causa della presenza di alcuni veicoli in sosta. La signora, quindi, aveva iniziato a correre sul marciapiede per raggiungere il mezzo e aveva attraversato la strada, parlando al cellulare e senza preventivamente guardare se stessero sopraggiungendo altri veicoli.

La signora investita “in disprezzo delle regole sulla circolazione stradale e di normale prudenza” risulta essersi immessa repentinamente sulla strada, parlando a telefono e senza neanche controllare se stessero arrivando altri mezzi. Al punto che gli agenti di polizia intervenuti sul posto la hanno perfino sanzionata. Si deve pertanto ritenere che la signora, attraversando la strada in un punto in cui non vi erano strisce pedonali e al di fuori dell’area destinata alla fermata dell’autobus, abbia costituito un ostacolo che si è frapposto lungo la direttrice di marcia dell’autovettura.

Ma il Tribunale ne ha anche per l’automobilista che, avendo visto da un lato l’autobus e dall’altro un pedone correre lungo il marciapiede lungo la stessa direzione del mezzo, ben poteva prevedere cosa sarebbe potuto succedere. Il guidatore viene pertanto ritenuto responsabile per il 20% dei danni, rimanendo l’80% a carico di chi è sceso dal marciapiede parlando al telefonino e senza guardare. (sent. 380/19 del Tribunale di Trieste)