Nel caso in cui, da un fatto illecito, derivi la perdita di un parente, i superstiti possono chiedere il risarcimento del danno al responsabile. Il danno risarcibile può essere di tipo patrimoniale (il defunto contribuiva alle finanze dei superstiti), di tipo biologico (il decesso ha ingenerato una condizione di malattia nei superstiti), oppure di tipo non patrimoniale (è venuta meno la relazione che si aveva con il defunto). Per quanto riguarda quest’ultimo, in particolare, si tratta di un danno che viene liquidato in via equitativa, facendo cioè ricorso a parametri di equità per calcolare la misura del dovuto. Le Tabelle di Milano rappresentano ormai lo standard solitamente applicato.
La misura del risarcimento
Sulla misura di questo danno possono incidere diversi fattori. Ad esempio, il tipo di rapporto che c’era tra il defunto e chi chiede il risarcimento: vivevano assieme? Si frequentavano? Erano in buoni rapporti? Ci si può chiedere se, accanto a questi elementi, si possa tener conto anche delle condizioni di salute del parente che è venuto a mancare. In altre parole: se questi, prima della morte, non si trovava comunque in buono stato di salute, si può pensare che i superstiti debbano vedere ridotto il risarcimento? Detto in termini brutali: perdere un parente “sano” può valere più di perderne uno malato?
Secondo la Corte di cassazione (ordinanza n. 18284 del 2021) no. Il danno da perdita di rapporto parentale, dicono i giudici, è dovuto iure proprio ai superstiti; il risarcimento spetta loro, cioè, come proprio. Questo significa che i parenti, perdendo il loro caro, non possono vedere ridotto il risarcimento spettantegli solamente perché il deceduto non si trovava in ottime condizioni di salute. Del resto, si può semmai pensare che un parente, davanti ad un congiunto che già di per sé non sta benissimo, proprio per questo motivo sviluppi nei suoi confronti maggiori preoccupazioni. La malattia, quindi, potrebbe portare a rivedere in aumento, e non già in diminuzione, il calcolo del danno risarcibile.
Quanto alla possibile riduzione, precisa la Cassazione, l’unico aspetto rilevante potrebbe essere il fattore temporale. Va cioè considerato se le condizioni di salute avrebbero potuto comunque ridurre l’arco temporale di cui i congiunti avrebbero ancora potuto godere. Al di fuori di questo rilievo, però, non si può pensare che la salute precaria del defunto debbano automaticamente portare ad una riduzione del risarcimento.

Avv. Andrea MARTINIS
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