Il contenzioso che tratta i casi di plagio discografico dà luogo a discussioni e polemiche. Lo “schema” che si ripropone solitamente è infatti quello di un autore semisconosciuto al grande pubblico, che chiama in giudizio l’autore di un brano di successo, sostenendo che quest’ultimo sia frutto di un plagio. Ad essere plagiata, in queste ipotesi, sarebbe una canzone rimasta ai margini delle classifiche, ma che è stata registrata precedentemente alla hit.
Quanto “costa” un plagio?
Sorvolando sul modo in cui si arriva a stabilire che una canzone famosa possa essere un “plagio” di un brano che ha circolato pochissimo, resta comunque da prendere una decisione fondamentale. Che, peraltro, rappresenta la ragione dietro al contenzioso per plagio, ovvero la condanna al risarcimento del danno. In gergo tecnico, si parla di retroversione degli utili derivanti dallo sfruttamento del diritto d’autore. In parole povere, l’autore che si ritiene scippato dell’idea chiede al plagiatore di ricevere gli utili che questi ha guadagnato grazie all’idea altrui.
A questo proposito, è interessante leggere l’ordinanza n. 21833/2021 resa dalla Corte di cassazione, che ha trattato proprio un caso di plagio, con annessa richiesta economica. Il punto di partenza è infatti rappresentato dagli utili che il brano “rubato” ha portato all’autore dell’illecito. Sarebbe superficiale ritenere che tutti questi utili spettino al compositore defraudato. Dalla somma totale, infatti, andranno dedotti sia i costi sostenuti per la realizzazione e la promozione del brano, sia la frazione di utile derivata da fattori estranei.
Il valore dell’apporto artistico del “plagiatore”
Tra questi fattori estranei, va adeguatamente valutato quanto sia stato determinante l’apporto artistico di chi ha interpretato il brano portato al successo. È infatti logico pensare che parte di questo successo (e quindi degli utili) possa derivare dalla notorietà dell’interprete, ovvero dalla sua bravura. In altri termini: se a portare in classifica il brano è un big della musica, non si può pensare che almeno parte di quel successo sia dovuto al suo talento o alla sua notorietà, e non sia tutto frutto della canzone.
Chiaramente, la difficoltà sta tutta nell’arrivare ad una determinazione che sia il più possibile adeguata. Se, infatti, è abbastanza agevole scorporare i costi di produzione e promozione, per i quali sarà sufficiente uno sguardo alle scritture contabili, meno agevole è individuare l’apporto dell’artista “plagiatore”. Per questo secondo elemento, quindi, sarà indispensabile acquisire ogni strumento di prova disponibile, anche in via presuntiva, e giungere ad adeguare “a percentuale” la somma riconosciuta all’autore originario.
Avv. Andrea MARTINIS
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