Il diritto di cronaca da una parte, quello alla riservatezza dall’altra: trovare il bilanciamento tra i due non è sempre facile. L’operazione, secondo la Cassazione (ordinanza 9340 del 2019) passa attraverso una attenta analisi delle modalità attraverso le quali viene resa l’informazione.

Nel caso di specie, si trattava di riprese televisive delle deposizioni rese in udienza da due persone, che nel processo rivestivano il ruolo di persone offese. Le riprese, come prevede la legge processuale, erano state regolarmente autorizzate, ma questo non è stato ritenuto sufficiente per ritenerle rispettose della privacy, perché – dice la Cassazione – va valutato se la modalità con cui sono state trasmesse in TV siano state tali da impedire la riconoscibilità dei diretti interessati. Con la precisazione che vi è lesione delle privacy anche se solo lo stretto cerchio dei conoscenti è in grado di riconoscere le persone.

Ecco allora che l’indagine andrà a riguardare le tecniche di informazione: oscuramento dei volti (che potrebbe essere insufficiente e che comunque deve essere attuato anche quando le persone vengono riprese “di sfuggita”), omissione dei nomi (garanzia minima), alterazione della voce. In questo modo, sostengono i Giudici, sarà possibile verificare se il difficile bilanciamento tra informazione e privacy è riuscito.

(avv. Andrea Martinis)