Il Garante per la protezione dei dati personali ha pubblicato alcune FAQ in materia di vaccini anti Covid-19 e ambiente di lavoro. Il problema che si è posto all’attenzione del Garante, in particolare, è quello relativo al difficile bilanciamento tra opposte esigenze: da un lato, assicurare la sicurezza e l’igiene del posto di lavoro (obbligo posto a carico del datore) e, dall’altro, garantire il rispetto del diritto alla privacy dei singoli dipendenti. Come spesso capita in materia di protezione dei dati personali, si tratta di trova un punto di incontro tra due domande apparentemente in conflitto. Ecco quali sono i punti esaminati dal Garante.

  1. Il datore di lavoro può chiedere conferma ai propri dipendenti dell’avvenuta vaccinazione?

La risposta è negativa. Per quanto possa sembrare comprensibile che il datore di lavoro voglia informarsi sullo stato di salute dei propri dipendenti e, in particolare, possa essere interessato a sapere se i suoi dipendenti si sono vaccinati, non si può pensare che egli abbia un preciso diritto ad ottenere queste informazioni. Chiaramente, questa risposta va ricercata nell’ambito dello stato attuale della normativa in materia, che, appunto, non consente di individuare questo diritto in capo al datore di lavoro. Resta però verosimile che, nell’immediato futuro, la questione riceva una disciplina ad hoc.

Sempre rispondendo a questa domanda, il Garante fa una precisazione. Il datore di lavoro, infatti, non può “aggirare” questo divieto ricorrendo al consenso. Non è possibile, quindi, che il datore chieda ai dipendenti di acconsentire un trattamento relativo allo status vaccinale. Il motivo è che sarebbe difficile ritenere che questo consenso sia stato prestato in modo spontaneo, vista la differenza gerarchica tra datore e dipendente. Se il datore andasse a chiedere il consenso per lo specifico trattamento, osserva il Garante, ben difficilmente il dipendente si rifiuterebbe, per non rischiare eventuali ripercussioni.

  1. Il datore di lavoro può chiedere al medico competente i nominativi dei dipendenti vaccinati?

Anche in questo caso, la risposta è negativa. Sul punto, valgono le prescrizioni del d.lgs. 81/2008. Chiaramente, il medico competente può trattare i dati relativi ai singoli dipendenti e tra questi dati ben possono rientrare le informazioni inerenti all’avvenuta vaccinazione. Questo perché tali dati sono rilevanti per finalità relative alla valutazione di idoneità lavorativa o comunque alla sorveglianza sanitaria, compiti spettanti – appunto – al medico competente. Parimenti, il datore di lavoro potrà certamente acquisire i giudizi relativi alla idoneità lavorativa, comprese eventuali limitazioni o prescrizioni, ma dovrà limitarsi ad essi, senza cioè eccedere lo stretto ambito indispensabile.

  1. La vaccinazione anti covid-19 dei dipendenti può essere richiesta come condizione per l’accesso ai luoghi di lavoro e per lo svolgimento di determinate mansioni?

Al momento, non sussiste alcuna norma che impone la vaccinazione come condizione d’accesso al lavoro. Vi sono alcuni campi (settore sanitario in particolare) in cui l’elevato rischio di esposizione al Covid-19 ha dettato una normativa emergenziale specifica ed in particolare apposite misure di prevenzione. Nuovamente, sarà centrale la figura del medico competente, elemento di raccordo tra sistema sanitario e specifico contesto lavorativo: egli potrà trattare i dati relativi alla vaccinazione e valutarli al fine di fornire un giudizio di idoneità lavorativa. Chiaramente, anche su questo punto ci si attende che, nei mesi a venire, il legislatore intervenga, dettando una disciplina specifica.

(avv. Andrea Martinis)