La Corte di Giustizia UE è tornata ad occuparsi della raccolta di dati personali effettuata tramite siti Internet ed in particolare di un caso che ha coinvolto una società tedesca. Quest’ultima aveva organizzato un concorso a premi sul proprio sito e, nel form da compilare per la partecipazione, l’utente interessato a partecipare al gioco avrebbe dovuto esprimere il proprio consenso rispetto all’invio di offerte commerciali.

Ebbene, il nodo cruciale (che ha portato all’avvio di un contenzioso, poi giunto fino alla Corte), era dato dal fatto che la “spunta” relativa a questo consenso era premarcata: in altre parole, all’utente non veniva richiesto di spuntare la casella, ma, cliccando “invio”, si trovava anche ad esprimere quel consenso, visto che la casella era spuntata di default.

Prendendo spunto dalla normativa privacy (ora regolata dal GDPR 679/16), la Corte ha puntualizzato che il “consenso” richiesto per autorizzare il trattamento dei dati è un comportamento attivo e inequivocabile: il silenzio o l’inerzia non possono essere considerati come manifestazione di consenso, per cui una casella preselezionata non è idonea ad autorizzare un trattamento di dati personali.

Da questa decisione, ovviamente, deriva la necessità, per i gestori di siti Internet, di rivedere tutte le forme di “opt-out” predisposte in materia di dati personali, trasformandole in altrettanti “opt-in”.

(avv. Andrea Martinis)