Il sexting (ovvero l’invio di messaggi/contenuti sessualmente espliciti) è una pratica diffusa soprattutto tra le fasce d’età più giovani, più smaliziate (e che si pongono meno problemi) nell’impiego di smartphone e simili. Nella pratica, non è infrequente che nel sexting vi sia una parte “attiva” e una “passiva”, ovvero che subisce l’iniziativa altrui, ricevendo contenuti sessualmente espliciti con l’espresso invito a contraccambiare. Quando, tuttavia, questo invito diventa particolarmente pressante, possono porsi delle problematiche di natura penale particolarmente gravi a carico dell’autore, che molto spesso ignora del tutto quali possano essere i rischi legati al suo operato.
La giurisprudenza, infatti, ha ritenuto che si possa configurare il reato di violenza sessuale (art. 609-bis c.p.) a carico di chi spinga il sexting a livelli eccessivi. Ci si potrebbe chiedere come sia possibile arrivare a tanto, in assenza di un contatto fisico tra le parti; la risposta è legata all’esame degli elementi-chiave che costituiscono il reato in questione: se sono ravvisabili, si può parlare di violenza sessuale. Da un lato, infatti, abbiamo l’intenzione, da parte dell’agente, di soddisfare un proprio piacere; dall’altra, la violazione della libertà di autodeterminazione sessuale, che si realizza indipendentemente dal contatto fisico. Ecco quindi che l’invio di messaggi espliciti può sfociare in violenza sessuale ogni qual volta l’autore, attraverso una minaccia o una forma di pressione costringa il destinatario a compiere atti sessuali. Un esempio pratico è ravvisabile in quella che rappresenta la “classica” escalation del sexting: la vittima acconsente di inviare fotografie di sé in pose compromettenti, o comunque ricambia dei contenuti/messaggi compromettenti; l’agente, a questo punto, la costringe a compiere e filmare pratiche di autoerotismo, minacciandola di divulgare il materiale precedentemente inviato.
Laddove l’agente non riesca nel suo obiettivo, sarà eventualmente possibile pensare comunque ad un tentativo di violenza sessuale, il che comporterebbe una pena ridotta, certamente, ma pur sempre commisurata ad una fattispecie grave come quella di cui all’art. 609-bis. E’ bene pensarci, perché la combo impulsi primari + mezzi informatici può portare a compiere danni pressoché irreparabili.
(avv. Andrea Martinis)
Avv. Andrea MARTINIS
diritto civile (responsabilità civile, assicurazioni, recupero crediti), privacy, diritto penale