Dobbiamo sempre ricordarci che se scriviamo qualcosa su Facebook, tutti lo possono leggere. Pertanto, se offendiamo qualcuno postando un messaggio su un social, non solo rischiamo di commettere il reato di “diffamazione”, ma perfino in forma “aggravata”.

Ecco la sequenza dei fatti che ha portato all’esasperazione un comune cittadino, che prima ha perso il documento d’identità all’estero e poi è stato rimpallato tra i Carabinieri e le Poste. Quando infine ha sbottato, lo ha fatto su Facebook contro un incolpevole dipendente delle Poste. Con le conseguenze che puoi leggere sotto.

Ma prima, ecco i fatti. L’utente “… si presentava allo sportello dell’ufficio … per chiedere il rilascio di un nuovo documento di identità, avendo smarrito in Spagna il suo e presentando all’uopo, all’impiegata dello sportello, copia della relativa denuncia di smarrimento in spagnolo; …l’impiegata spiegava al convenuto che per ottenere una nuova carta di identità avrebbe dovuto presentare analoga denuncia di smarrimento del documento anche avanti all’Autorità italiana; … il convenuto insisteva affinché fosse ritenuta sufficiente la denuncia di smarrimento già presentata in Spagna; … ne nasceva un diverbio nel corso del quale il convenuto asseriva di essersi già recato dai carabinieri in Italia e di aver da loro appreso della piena validità della sua denuncia già presentata in Spagna;”

Protraendosi la discussione allo sportello, interveniva il direttore che chiamava al telefono i carabinieri, i quali confermavano la tesi dell’Ufficio Anagrafe per la quale era necessaria una nuova denuncia in Italia.

La tensione cresce e l’utente chiamava il direttore “maleducato”, aggiungendo che “non conosceva la legge e che avrebbe dovuto imparare la normativa”. Al termine di una discussione protrattasi per mezz’ora, il direttore invita l’utente ad allontanarsi dagli sportelli in quanto con la propria condotta sta provocando ritardi nell’erogazione dei servizi al pubblico e lo esorta a recarsi al comando dei Carabinieri per sporgere la relativa denuncia di smarrimento.

L’utente va dai carabinieri, presenta la denuncia, ottiene in tempo reale il documento (nonostante qualche ulteriore problema insorto per far risultare sulla nuova carta di identità la dicitura “unito civilmente”) e poi ritiene di poter comunicare al mondo la propria esasperazione postando sulla pagina Facebook del Comune di Vigevano il seguente commento: “Volevo solo dire che il capo ufficio dell’anagrafe … è una persona maleducata che non conosce molto bene le procedure cui deve applicare ed è una persona veramente ignorante sia nei modi che nelle parole. Se assumete personale così meglio chiudere”.

Attenzione: offendere le persone è un reato e farlo sui social lo rende più grave.

Infatti, il Tribunale decide che le parole scritte e pubblicate su Facebook concretizzano il reato della diffamazione a mezzo internet e che l’utilizzo di un sito internet per la diffusione di immagini o scritti offensivi rende la diffamazione “aggravata”, poiché destinata a poter essere letta da tutti. (Tribunale Pavia, sentenza 468/19)

I leoni da tastiera sono avvertiti.