Il tema del ritardo diagnostico è da sempre un argomento “caldo” nel dibattito giuridico. Si tratta, cioè, di esaminare quei casi in cui il personale sanitario non si è accorto della presenza di una patologia, ritardando così gli interventi sul paziente. La domanda cruciale è: in che modo questo ritardo ha inciso sulla salute del paziente? Se la malattia fosse stata diagnosticata fin da subito, il paziente sarebbe rimasto in vita? O, comunque, avrebbe avuto dei postumi meno gravi?

Chiaramente, ha senso porsi queste domande nella sola misura in cui il paziente, se tempestivamente allertato, avrebbe potuto seguire un percorso clinico diverso. Prendiamo il caso di una malattia incurabile: qualcuno potrebbe sostenere che, diagnosi prima o diagnosi dopo, il paziente sarebbe comunque spacciato. In questo caso estremo, pertanto, qualcuno potrebbe arrivare a sostenere che il ritardo diagnostico non ha portato nessun danno al paziente: il suo destino, purtroppo, sarebbe comunque rimasto segnato.

Esiste un danno a prescindere dall’efficacia delle cure che sono mancate

La Corte di cassazione, con la sentenza n. 27682 del 2021, ha però fornito una risposta diversa. I Giudici di legittimità, infatti, sono arrivati ad individuare un danno che il paziente subisce anche in questa ipotesi estrema. Il caso è quello di un paziente a cui è stata diagnosticata una malattia letale, contro la quale a nulla sono valse le cure, effettuate in extremis. Nel corso del giudizio, non si è riusciti a dimostrare che una diagnosi tempestiva avrebbe permesso al paziente di curarsi con esito positivo. Ciò non di meno, ad avviso della Cassazione, esiste un danno che è derivato alla vittima dalla diagnosi tardiva.

Il danno non riguarda la salute, ma l’aspetto relazionale. La diagnosi tardiva, infatti, ha impedito al paziente di essere messo in condizione di programmare il suo essere persona. Si assiste cioè alla perdita di un “ventaglio” di opzioni con le quali scegliere come affrontare l’ultimo tratto del proprio percorso di vita. Ad avviso della Corte di cassazione, questa lesione è autonomamente apprezzabile, sicché non sono necessarie prove specifiche sul punto. Una vota appurato che diagnosi avrebbe potuto essere stata data in anticipo, quindi, il paziente ha diritto ad essere risarcito del tempo perso.