Le liti tra vicini di casa hanno spesso ad oggetto i (presunti) rumori molesti che provengono dall’appartamento adiacente; in tali casi, viene in rilievo la norma dell’art. 844 c.c., la quale specifica che le immissioni (anche sonore) non possono superare “la soglia della normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi”.

Punto fondamentale, ovviamente, risulta stabilire se i rumori superino effettivamente questa soglia. Come chiarisce la giurisprudenza (da ultimo, Cassazione Civile, sez. II, sentenza n. 28201/18), la semplice misurazione dei rumori, effettuata con apposita apparecchiatura, rischia di essere uno strumento di indagine inidoneo, se viene svolta nel totale silenzio. Seguendo tale metodologia, precisa la Corte, si arriva ad un risultato falsato, che non tiene conto – come invece imporrebbe la norma – della normale condizione dei luoghi: il limite di tollerabilità, infatti, “non è mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo” e, soprattutto, “non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante della zona, sulla quale vengono ad innestarsi i rumori denunciati”. In conclusione: la misurazione dei decibel è uno strumento utile, ma rilevamento e analisi dei risultati non possono prescindere dal considerare i rumori che normalmente sono presenti nella zona considerata.

(avv. Andrea Martinis)