Nel caso di morte, conseguentemente ad un sinistro stradale, sopraggiunta dopo alcuni giorni di agonia, è dovuto ai parenti della vittima il risarcimento del danno cd. catastrofale. È quanto ribadito dalla Corte di Cassazione nella recentissima sentenza n. 20915 del 17 ottobre 2016, secondo la quale, quando la morte non è immediata, ma giunge dopo un apprezzabile lasso di tempo, la sofferenza che la vittima patisce in tale periodo determina il sorgere di un diritto risarcitorio che entra a far parte del suo patrimonio e, successivamente al decesso, in quello degli eredi.

Nel caso specifico, riguardante l’ipotesi di morte dopo 15 giorni di agonia, la Corte ha ritenuto che al danno biologico (sofferenza fisica) patito dalla vittima vada sommato anche il danno – sempre non patrimoniale – conseguente alla sofferenza psicologica: “in caso di sinistro mortale, che abbia determinato il decesso non immediato della vittima, al danno biologico terminale, consistente in un danno biologico da invalidità temporanea totale (sempre presente e che si protrae dalla data dell’evento lesivo fino a quella del decesso), può sommarsi una componente di sofferenza psichica (danno catastrofico o catastrofale)”.

Quanto alla liquidazione, essa non può essere simbolica. Dicono infatti i Giudici di legittimità che, laddove la liquidazione del danno biologico terminale può essere effettuata sulla base delle tabelle relative all’invalidità temporanea, in relazione al danno cd. catastrofale la natura peculiare del pregiudizio comporta la necessità di una liquidazione che si affidi ad un criterio equitativo puro, che tenga conto della “enormità” del pregiudizio, giacché tale danno, sebbene temporaneo, è massimo nella sua entità ed intensità, tanto da esitare nella morte”.

(avv. Andrea Martinis)

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