Uno smartphone abbandonato sul bancone di un bar. Sono ormai passati 10 minuti da quando la persona che lo stava usando è uscita, lasciando il locale e dimenticandosi l’oggetto. Una tentazione irresistibile per il cliente che si trova seduto accanto e che, dopo essersi guardato attorno, lo infila in tasca.

Quello che succede dopo, però, è imprevisto: la persona rientra nel locale, cercando il telefono. Costretto ad ammettere di esserselo messo in tasca, il cliente furbetto si giustifica dicendo che pensava si trattasse di un oggetto smarrito: non si è trattato, dice lui, di un furto. Ma ha ragione?

Andiamo con ordine. Anzitutto, appropriarsi di un oggetto smarrito non è di per sé una condotta lecita. Quando ci si imbatte in un oggetto smarrito, infatti, la legge (art. 927 codice civile) impone di restituirlo al proprietario o di consegnarla al Sindaco del luogo in cui ci si trova. Chi se ne impossessa, quindi, commette un reato (art. 647 codice penale), punito a querela della persona offesa.

Un reato che però è diverso dal furto (art. 624 codice penale) che infatti viene punito con maggiore severità. La differenza è data dai presupposti dell’appropriazione: chi commette un furto, infatti, sottrae qualcosa al legittimo proprietario. C’è, quindi, un legame di possesso, una relazione materiale che non si trova nel caso di un oggetto smarrito.

Secondo i giudici che si sono occupati del caso specifico (Cassazione penale, sentenza n. 6353 del 2021), il cliente che si è messo in tasca il telefono ha commesso un furto. Questo in quanto il legame di possesso tra la proprietaria e lo smartphone non si era spezzato. Per arrivare a questa conclusione, sono stati valorizzati alcuni elementi. Anzitutto, il breve lasso di tempo trascorso tra l’uscita dal bar della proprietaria: difficile pensare che quel telefono potesse considerarsi “smarrito”. In secondo luogo, la circostanza che la persona sia rientrata nel bar, ricordandosi perfettamente di aver appoggiato il telefono al bancone, a riprova che non aveva perso del tutto il controllo sull’oggetto. Lo smartphone sarebbe rimasto lì, esattamente dove sapeva di averlo lasciato, se qualcuno non se ne fosse appropriato nel frattempo. Commettendo un furto, appunto.

(avv. Andrea Martinis)