Sottovalutare una richiesta di accesso ai dati personali non è mai una buona idea. Ne sa qualcosa l’azienda recentemente sanzionata dal Garante Privacy (provvedimento n. 9929053 docweb), con una multa di ben 15.000 euro. Una cifra sicuramente importante, anche pensando che si è trattato di una situazione assolutamente ordinaria e in cui potrebbe trovarsi qualsiasi datore di lavoro. L’elemento scatenante, infatti, è stata una semplice richiesta di accesso rivolta da un ex dipendente.
Cessato il rapporto di lavoro, la persona si è rivolta all’ex datore, chiedendo quali dati fossero ancora in suo possesso ed esprimendo il desiderio di una parziale cancellazione. La richiesta era piuttosto specifica ed orientata, ma l’azienda l’ha sottovalutata. La risposta, infatti, è stata laconica: “l’azienda ha utilizzato e utilizzerà i suoi dati personali solo in conformità alla normativa di legge”. Il datore di lavoro, quindi, ha pensato che fosse sufficiente una formula di stile per rispondere alla richiesta.
L’istanza di accesso merita una risposta completa e specifica
Il Garante, a cui si è rivolto il dipendente, non la pensa così. Anzitutto, nota l’Autorità, l’istanza di accesso ai propri dati merita una risposta completa. Non importa, cioè, se il dipendente, che esercita tale istanza, è perfettamente conscio che il datore di lavoro ha in mano alcuni suoi dati. Né importa che ci sia un obbligo di legge (come nel caso di dati trattati dal datore di lavoro) a giustificare tale gestione. L’interessato, quindi, ha comunque diritto di sapere quali dati siano trattati, quali siano le finalità perseguite e quali siano le basi giuridiche che giustificano il trattamento.
C’era, inoltre, una richiesta di cancellazione di alcune categorie di dati. Una richiesta piuttosto specifica, che però non ha ricevuto la dovuta attenzione. Il datore di lavoro avrebbe dovuto fornire una risposta puntuale, volta ad esaudire le richieste. Ovviamente, precisando che alcuni dati personali riferiti al lavoratore dovevano essere comunque conservati, per un determinato periodo di tempo, in base alle norme vigenti.
Insomma, pensare che l’istanza di accesso sia una formalità, meritevole di una risposta standardizzata, è sbagliato. Lo è anche da un punto di vista, banalmente, operativo, perché, non soddisfando la richiesta dell’interessato, gli si offre un motivo per rivolgersi al Garante. Che, quando arriva, trova il guaio già bello confezionato.
Avv. Andrea MARTINIS
diritto civile (responsabilità civile, assicurazioni, recupero crediti), privacy, diritto penale