Anche prima del Covid-19, sternutire in pubblico poteva causare parecchi guai. Di sicuro la pensa così un medico che, per aver sternutito vicino a una paziente, riceve una condanna per violenza sessuale. O, almeno, questa è la sua difesa. Succede infatti che un medico di famiglia “con il pretesto di verifiche o trattamenti estetico-sanitari” avrebbe approfittato di una paziente e la prova dell’atto sessuale consisterebbe proprio nella saliva del dottore, trovata sui seni della paziente. “Ho solo sternutito!” dice lui.
La perizia sul campione biologico
Viene eseguita una perizia sul reperto biologico, cioè sulle tracce di fluido. Per il tecnico (nominato dal medico) il prelievo eseguito dalla pelle della vittima, essendo avvenuto a distanza di ore dall’evento, non sarebbe conclusivo. Impossibile determinare le “modalità di contatto” e la natura del liquido biologico contenente il DNA del dottore. Insomma, il materiale genetico rinvenuto sui seni della persona offesa poteva essere saliva, sudore, lacrime o … altri fluidi corporei, che potevano essere finiti sul corpo della persona offesa in maniera del tutto accidentale, come ad esempio tramite uno sternuto.
Inoltre, il medico si difende, la paziente avrebbe travisato tutto. Suggestionata da una forma depressiva, mossa da sgradevoli sensazioni, stati d’animo o condizioni patologiche, avrebbe attribuito una connotazione sessuale ad una banale manovra di medicina estetica. La percezione della paziente sarebbe stata alterata dal fatto che, durante lo svolgimento di dette manovre, indossava degli occhiali scuri a protezione del laser che le avrebbero impedito di vedere ciò che stata accadendo. Ma si trattava solo delle manipolazioni necessarie all’applicazione di un prodotto anticellulite.
L’esito del giudizio in Cassazione
Il caso finisce davanti alla Corte di Cassazione che, però, non assolve il dottore dalle condanne già subite. Secondo i giudici, il medico si contraddice. Infatti, da un lato di difende sostenendo che la vittima è inattendibile, dall’altro, a fronte del suo DNA trovato sulla cute della vittima, sostiene che le palpazioni nelle zone erogene corrispondevano a manovre di chirurgia estetica. Senza però riuscire a spiegare “la presenza del profilo genetico dell’imputato sul seno destro della paziente, se non attraverso la ricostruzione – palesemente inattendibile – secondo cui lacrime, saliva o sudore sarebbero inspiegabilmente caduti proprio su tale parte del corpo della vittima”.
Insomma, la tesi dello sternuto non viene creduta ed il medico viene definitivamente condannato per violenza sessuale. Se avesse indossato la mascherina … chissà! (Cassazione, sentenza n. 42518/19)

Avv. Guendal CECOVINI AMIGONI diritto civile (immobiliare, condominio, locazione, famiglia, successioni)