Dalla Cassazione arrivano due pronunce che vanno ad inserirsi nel (nutrito) filone giurisprudenziale che riguarda le cadute di ciclomotori legate alle condizioni precarie del manto stradale. In materia, secondo l’orientamento ormai consolidato, si applica l’art. 2051 c.c. (responsabilità per cose in custodia), che garantisce al danneggiato l’inversione dell’onere probatorio: dimostrato il danno ed il nesso di causalità con la “cosa” in custodia (ovvero, la strada), sarà l’Ente convenuto a doversi difendere, adducendo sostanzialmente la non pericolosità della cosa, la colpa del danneggiato, ovvero il caso fortuito.

Con l’ordinanza n. 19612/16 la Corte di cassazione ha esaminato il caso di un ciclomotore caduto a causa di una buca sul manto stradale, in una strada esterna rispetto al centro abitato. Pur riscontrando la concorrente responsabilità della conducente del motociclo, i giudici hanno statuito che l’obbligo di “custodia” da parte del Comune non viene meno per il fatto che la strada si trovi al di fuori del centro abitato: la buca sul manto stradale, infatti, non rappresenta un evento improvviso (che quindi sarebbe in grado di interrompere il nesso di causa tra cosa in custodia e danno), in quanto il Comune ha la possibilità di intervenire tempestivamente, segnalandone la presenza, ovvero riparando il tratto stradale interessato.

Con la sentenza n. 19638/16, invece, la Cassazione ha confermato che, anche nell’ipotesi in cui sia pacifico che la caduta del ciclomotore è dovuta alla presenza di brecciolino sull’asfalto, e quindi sia implicata la responsabilità del Comune, ciò non di meno residua la possibilità di imputare il sinistro anche alla condotta di guida imprudente del motociclista (in questo caso, accertata dalla Polizia intervenuta sul posto), determinandosi così la riduzione (al 50%) del risarcimento.

(avv. Andrea Martinis)

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