Se il tasso alcolemico supera la soglia di 1,5 g/l, scatta automaticamente la revoca della patente. Lo ribadisce la Corte Costituzionale, con sentenza n. 194/2023. Il Giudice delle leggi si è così pronunciato nell’ambito di una vicenda che coinvolgeva un soggetto incastrato dall’alcoltest. L’automobilista, non esattamente lucido al volante, ha terminato la sua corsa contro un guardrail; le autorità intervenute sul posto hanno poi accertato lo stato di ebbrezza. Si è così aperto un procedimento penale.

Il dubbio: e per i casi meno gravi? Non basta la sospensione della patente?

Nessun dubbio circa la corretta misurazione dell’alcoltest, ma tanti dubbi circa la corretta interpretazione della norma penale. L’art. 186 comma 2-bis Cds, infatti, prevede che, in caso di tasso alcolemico superiore alla soglia di 1,5 g/l, la patente di guida è sempre revocata. AI giudici chiamati ad applicarla, questa disposizione è apparsa eccessivamente rigida. In particolare, ci si è chiesti se ci sia spazio per la sospensione della patente, misura meno drastica della revoca, nei casi meno gravi. Ovvero in quelle situazioni in cui, fermo restando il superamento della soglia, emergono comunque degli elementi che potrebbero giustificare una sanzione più mite.

Nel caso concreto, l’automobilista non ha provocato danni a terzi, ma si è schiantato autonomamente sul guardrail. È incensurato e il tasso accertato è di poco superiore alla soglia di 1,5 g/l. I giudici chiamati a decidere, quindi, si sono chiesti se fosse giusto applicare la revoca della patente, così come sarebbe avvenuto in caso di un tasso alcolemico ben superiore, oppure nell’ipotesi di incidente con feriti.

La risposta della Corte Costituzionale: sempre revoca

La Corte Costituzionale, però, non è di questo avviso. I Giudici, in particolare, ritengono che la guida in stato di ebbrezza sia già sufficientemente tarata in modo da ritagliare una sanzione proporzionata al singolo caso. Esistono infatti tre fasce, corrispondenti a tre livelli di tasso alcolemico, che determinano altrettanti trattamenti sanzionatori. La proporzionalità, pertanto, è già garantita nella legge e non servono ulteriori “aggiustamenti” da parte dell’interprete.