Dal Garante Privacy e dalla Corte di cassazione arriva un doppio cartellino rosso per una pratica commerciale piuttosto fastidiosa. Si tratta delle telefonate con cui una compagnia telefonica ha cercato di riconquistare i clienti persi nel corso degli anni.

Andiamo con ordine. Alcuni ex clienti di una compagnia telefonica hanno cominciato a ricevere delle telefonate con cui venivano invitati a ripensarci e, convinti della loro scelta, hanno espresso la volontà di non essere contattati. Qualcuno si è iscritto al Registro delle opposizioni, qualcun altro, invece, ha espressamente diffidato la compagnia telefonica dal continuare a trattare i propri dati personali (in questo caso, i dati di contatto).

Il diritto di opposizione al trattamento dei dati personali

Opporsi al trattamento dei dati personali è un diritto (previsto dall’art. 21 del GDPR) che consente, a chi lo esercita, di impedire a qualcuno il trattamento dei suoi dati personali. In questo caso, l’esercizio del diritto di opposizione avrebbe dovuto comportare, per la compagnia telefonica, l’obbligo di non utilizzare più i dati degli ex clienti.

Ma la compagnia telefonica ha cercato di aggirare questo vincolo, incaricando un soggetto esterno di ricontattare gli ex clienti, non già per sottoporgli direttamente un’offerta commerciale, ma per chiedergli di esprimere il consenso al trattamento. In pratica, si chiedeva di ritrattare l’opposizione già formulata.

La decisione del Garante e della Cassazione

Davanti a queste nuove telefonate, c’è stata una serie di reclami al Garante Privacy, il quale ha vietato l’ulteriore trattamento di dati. Secondo la Compagnia, le telefonate non contenevano un’espressa offerta commerciale, ma si limitavano a chiedere il permesso di poterne formulare una in futuro. Il Garante Privacy, però, ha ritenuto che queste comunicazioni siano comunque svolte a scopo commerciale: il consenso, infatti, viene chiesto proprio al fine di poter rivolgere un’offerta promozionale.

La compagnia telefonica ha impugnato il provvedimento del Garante e la vicenda è arrivata fino alla Corte di cassazione (sentenza n. 11019/21), che ha confermato l’orientamento espresso dall’Autorità. In particolare, secondo la Corte, la compagnia telefonica, avendo contattato per fini commerciali chi espressamente aveva negato il proprio consenso o, comunque, non lo aveva espresso, al fine di provocare un ripensamento, non ha rispettato la volontà degli utenti.

(avv. Andrea Martinis)