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Nell’ultimo capitolo dedicato ai pacchetti turistici “tutto compreso” ci si sofferma ad illustrare la tematica del danno da vacanza rovinata. Si tratta di una fattispecie che, fattasi largo a livello giurisprudenziale, è stata successivamente inquadrata da un punto di vista normativo e viene oggi espressamente menzionata nel Codice del turismo (art. 47). Per capire in cosa consti questo pregiudizio, è necessario ritornare sul concetto, già precedentemente illustrato, di “finalità turistica”: chi acquista un pacchetto di viaggio, infatti, lo fa per soddisfare tale finalità, che non si esaurisce nel semplice viaggio, ma nell’esigenza di godere appieno di un periodo di relax o comunque di “stacco” rispetto alle abitudini quotidiane. Chi acquista un pacchetto, quindi, si aspetta di poter trascorrere una serie di giorni senza doversi preoccupare di nulla, perché l’organizzatore ha già provveduto a predisporre tutto l’occorrente per la vacanza. Questa finalità turistica, quindi, non resta una mera velleità che ruota intorno alla stipula del contratto, ma – anzi – ne costituisce causa concreta: diventano pertanto essenziali “tutte le attività ed i servizi strumentali alla realizzazione del preminente scopo vacanziero e cioè il benessere psico-fisico che il pieno godimento della vacanza come occasione di svago e di riposo è volto a realizzare” (Cass. Civ. Sez. III, 24 luglio 2014, n. 16315). Ecco che la “vacanza rovinata”, semplificando, si ha ogniqualvolta al turista sia stata preclusa questa finalità di evasione.
Il focus sulla finalità turistica, quale causa concreta del contratto “tutto compreso”, permette di giustificare il recesso del turista nel caso in cui tale causa venga a mancare, essendo divenuto impossibile realizzare lo scopo della vacanza. Ipotesi analizzate dalla giurisprudenza sono quelle dell’improvviso peggioramento delle condizioni igienico-sanitarie del luogo di destinazione (es.: epidemia), ovvero dell’attentato terroristico verificatosi in prossimità della partenza: in tali casi si è ritenuto che sarebbe stato impossibile soddisfare la finalità turistica, data l’inequivoca impossibilità di godere di un pieno periodo di relax in condizioni simili, e pertanto si è giustificata la mancata partenza del turista. Parimenti, nel caso in cui, a vacanza iniziata, si configurino gli estremi per rendere impossibile la realizzazione della finalità turistica, le pronunce giurisprudenziali hanno confermato che il tour operator è tenuto ad attivarsi immediatamente per offrire delle soluzioni alternative a costo zero per il turista ovvero di rimborsare la differenza tra prestazioni eseguite e quelle originariamente previste, fermo restando il diritto al risarcimento del danno. In particolare, precisa la giurisprudenza, la nozione di “servizi” va intesa in senso ampio, in modo cioè da comprendere tutte le utilità che il pacchetto avrebbe dovuto arrecare; si tratta, in sostanza, di valutare quale sia la ragione dietro alla scelta del turista: se, ad esempio, il viaggio si svolge in una località di mare, la possibilità di fruire della spiaggia diventa elemento essenziale, tanto che laddove tale possibilità venga meno (non necessariamente per “colpa” imputabile al tour operator), dovranno essere offerti servizi alternativi, ovvero andrà praticata una riduzione di prezzo, fermo restando il risarcimento del danno. Danno la cui sussistenza andrà valutata, ancora una volta, considerando lo scopo sotteso a quello specifico viaggio, per cui non andranno considerati risarcibili quei semplici “fastidi” che non rivestono particolare importanza, tenuto conto del tipo di pacchetto acquistato.
La giurisprudenza ha contribuito a definire i contorni del danno da vacanza rovinata, ritenendolo sussistente quando viene a mancare la possibilità di godere dello svago e del riposo che il pacchetto turistico dovrebbero assicurare. Il tour operator, si legge nelle pronunce, assume una posizione di garanzia rispetto alla realizzazione di tale finalità, per cui è chiamato ad assicurare la buona riuscita della vacanza e risponderà del danno nel caso in cui, chiamato in causa, non riesca a dimostrare di aver correttamente adempiuto ai propri obblighi, ovvero a dimostrare che l’inadempimento è dipeso dal fatto del turista o comunque da un evento non dipendente dalla sua volontà. A titolo esemplificativo, sono state accolte le domande del turista che si è trovato ad alloggiare in una camera eccessivamente esposta al rumore, o di quello che non ha potuto accedere alla spiaggia a causa della mancata pulizia; per contro, vengono rigettate le domande che, formulate in modo generico, pur individuando un inadempimento del tour operator, non specificano in modo esauriente in cosa sia consistito il danno effettivamente subito dal turista.
Avv. Andrea MARTINIS
diritto civile (responsabilità civile, assicurazioni, recupero crediti), privacy, diritto penale