Il Garante Privacy torna ad occuparsi di videosorveglianza ed in particolare di una casistica sempre più frequente: l’installazione di un sistema di riprese video a copertura del perimetro esterno dell’abitazione privata. Ad attivare l’Autorità, in questo caso, è stato un vicino di casa, allarmato per il rischio che le telecamere, oltre a puntare sugli spazi privati, potessero allargare il loro occhio indiscreto anche sulla pubblica via.
L’estensione del provvedimento ha consentito di svolgere una veloce panoramica sullo specifico argomento. Anzitutto, ricordando che il privato che installi un impianto di videosorveglianza è tenuto al rispetto del GDPR nel caso in cui le riprese coinvolgano aree comuni o pubbliche, ovvero laddove sia prevista una comunicazione dei dati all’esterno. Praticamente, ogniqualvolta la telecamera sia puntata su una zona non strettamente privata, subentrano le regole privacy.
I principi da rispettare per poter installare un impianto di videosorveglianza
Anzitutto, servono esigenze specifiche e legittime per giustificare l’installazione, che non può rispondere ad un semplice “capriccio” del proprietario. È inoltre necessario che l’eventuale estensione dell’ambito di riprese al di fuori del campo strettamente privato, oltre che giustificata, sia pertinente. Lo spazio pubblico ripreso può essere solo quello immediatamente prospicente gli ingressi e le finestre della propria abitazione e tale estensione deve risultare necessaria e proporzionata.
Nel caso esaminato, il Garante ha accertato il rispetto delle condizioni appena individuate. Il privato, infatti, ha installato l’impianto in seguito ad alcuni episodi per i quali aveva presentato regolare denuncia. Si giustificava, quindi, sia l’installazione che il fatto di riprendere anche aree pubbliche, immediatamente vicine all’abitazione di proprietà. Ciò che non ha superato il vaglio del Garante, però, è un altro aspetto, spesso trascurato: la conservazione dei dati.
La conservazione dei dati
Il proprietario, infatti, conservava le immagini per ben tre mesi, prima di cancellarle. Un lasso di tempo decisamente esteso, difficilmente giustificabile. Come ribadito dal Garante, infatti, il tempo di conservazione non può eccedere, di massima e salve comprovate esigenze, allo stato non rilevate, alcuni giorni.
Vista la collaborazione del proprietario dell’impianto e considerato che gli unici profili di illegittimità riscontrati sono quelli relativi alla conservazione, il Garante ha ritenuto sufficiente rivolgere un ammonimento. Nessuna multa, per stavolta. Sospiro di sollievo.

Avv. Andrea MARTINIS
diritto civile (responsabilità civile, assicurazioni, recupero crediti), privacy, diritto penale