La Direttiva Europea 1937/2019, che attende di essere recepita in Italia, comporta rilevanti novità in materia di whistleblowing. Quest’ultimo, come noto, è uno strumento di compliance aziendale introdotto, per le aziende private, dalle modifiche apportate al d.lgs. 231/2001.

La collocazione nel modello 231

In estrema sintesi: le aziende intenzionate a “smarcarsi” dalla responsabilità per i reati, devono dimostrare di aver adottato un modello organizzativo. Tale modello (noto come “modello 231” nella prassi) contempla alcuni accorgimenti atti a scongiurare il rischio di commissione di reati aziendali. Tra questi strumenti figura il whistleblowing, ovvero la “soffiata” fatta da qualcuno.

Nel modello 231, quindi, l’azienda deve prevedere un canale per le segnalazioni relative alle condotte illecite. Ovviamente, questo canale dovrà tenere in massima considerazione le esigenze di riservatezza. Lo scopo è quello di evitare che il segnalatore possa subire ripercussioni per la “soffiata”.

Le novità

Le novità previste dalla Direttiva si tradurranno in un ampliamento degli strumenti dedicati al whistleblowing. Conseguentemente, il modello 231 dovrà essere adeguato. Si allarga, anzitutto, la platea dei potenziali segnalatori, che potranno essere tutti coloro che sono entrati in contatto con l’ente e si trovano in una posizione di soggezione, anche economica. Non solo, quindi, i dipendenti, ma anche i fornitori, gli ex dipendenti, i tirocinanti eccetera.

I motivi connessi alla segnalazione potranno riguardare anche le violazioni alla normativa comunitaria, non solo quella nazionale. Sarà inoltre necessario potenziare i canali di segnalazione. La riservatezza dovrà essere garantita in via rafforzata e andranno previste misure atte a supportare il whistleblower, se necessario anche dal punto di vista economico.