Rating finanziario basso? Consumatore giudicato non affidabile? Il fornitore deve spiegargli perché. Se non lo fa, rischia una condanna, come è successo nel caso deciso dal Giudice di pace di Trieste. La vicenda può suonare comune: una persona si rivolge ad un’azienda per la stipula di un contratto di fornitura di energia elettrica. In particolare, inserisce i suoi dati sul sito Web dedicato, dove cioè le persone possono, compilando un form, chiedere l’attivazione della fornitura. Sembra tutto in regola, fino a quando, con una e-mail, l’azienda risponde negativamente. In sintesi, dice che, in seguito ad una ricerca sulle banche dati, il consumatore è risultato non affidabile. Niente contratto, quindi.

Rating creditizio basso e rifiuto di contrarre

Nonostante il rifiuto, il nostro protagonista non si perde d’animo e, rivolgendosi ad altro operatore, ottiene la fornitura. Gli resta però più di qualche dubbio sull’operato dell’azienda inizialmente contattata: come mai, si chiede, la valutazione di affidabilità era negativa? In effetti, tutti gli elementi fanno pensare ad un’anomalia: la persona è un neolaureato, che ha appena aperto un conto bancario e che è stato assunto a tempo indeterminato. Non ha mai chiesto finanziamenti, non ha nessuna morosità. Non si capacita, quindi, né del rating negativo, né tantomeno dell’improvvisa interruzione dell’iter contrattuale. Si rivolge pertanto al fornitore, chiedendo spiegazioni.

Queste, però, non arrivano, nel senso che le risposte fornite appaiono generiche. L’azienda, infatti, dice di essersi rivolta a due soggetti, gestori di banche dati, che le avrebbero a suo dire fornito il feedback negativo. Questi due soggetti, a loro volta interpellati, non confermano la circostanza. Insomma, l’unica certezza è che, per una ragione non ben chiara, l’azienda fornitrice si è improvvisamente tirata indietro. Causando, in questo modo, un pregiudizio al consumatore, rimasto per alcune settimane nel limbo, senza fornitura, dovendo ricominciare daccapo la ricerca di un fornitore.

La responsabilità precontrattuale

Tutti i presupposti per agire in giudizio, invocando la responsabilità del fornitore per responsabilità precontrattuale (art. 1337 codice civile). Il Giudice di pace accoglie questa richiesta, focalizzando l’attenzione su due aspetti. Anzitutto, ritiene che tra le parti l’iter per la conclusione di un contratto fosse avviato. Disattendendo le contrarie indicazioni della convenuta, infatti, il Gdp dice che, sul proprio sito, il fornitore presenta una vera e propria offerta al pubblico. L’utente che compila il form coi suoi dati, quindi, aderisce all’offerta, dopo averne letto i termini. E, per tale motivo, matura una ragionevole aspettativa circa il buon esito dell’operazione.

In secondo luogo, il giudice rileva che il fornitore non ha in alcun modo motivato l’abbandono delle trattative. Il rating negativo, asseritamente attribuito al potenziale cliente, non è infatti stato adeguatamente circostanziato. L’azienda non ha fornito motivazioni convincenti, ma si è limitata a dire di aver svolto verifiche attraverso altri soggetti, che, a loro volta, hanno però smentito. Troppo poco, decisamente, per ritenere giustificato il rifiuto di contrarre. In ossequio all’art. 1337 c.c., pertanto, si rileva una responsabilità precontrattuale, con le conseguenze che ne derivano.