La morte di un familiare, oltre al danno non patrimoniale dovuto alla perdita del rapporto parentale, può arrecare anche un danno patrimoniale (da lucro cessante) nel caso in cui ai parenti superstiti venga meno l’apporto economico che la vittima forniva loro.

Questo danno, spiega la Cassazione (Cass. Civ. sez. VI, ordinanza 16 marzo 2018, n. 6619), può essere liquidato in due modi: sotto forma di rendita ovvero in forma di capitale. Nel secondo caso, la liquidazione deve avvenire determinando il reddito della vittima al momento del decesso, detraendo da esso la quota presumibilmente destinata ai suoi bisogni personali o al risparmio, e moltiplicando infine il risultato per un coefficiente di capitalizzazione. Tale coefficiente sarà quello delle rendite vitalizie, se si possa ritenere che il superstite avrebbe goduto del sostegno economico fornito dalla vittima vita natural durante; in tal caso, il coefficiente da scegliere dovrà essere corrispondente all’età del più giovane tra vittima e superstite. Nel caso invece in cui sia da ritenere che l’apporto economico sarebbe comunque venuto meno, il coefficiente dovrà essere corrispondente alla durata presumibile del sostegno economico.

(avv. Andrea Martinis)